È corsa alla pasta made in Italy che utilizza solo grano nazionale con gli acquisti che sono cresciuti in valore del 13% nel primo semestre del 2023 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, trainata dalla tendenza dei consumatori a cercare prodotti di origine nazionale per sostenere l'economia ed il lavoro sul territorio nazionale, in un momento di difficoltà. È quanto emerge da un'analisi Coldiretti su dati Ismea diffusa per il World Pasta Day (Giornata Mondiale della Pasta) che si celebra il 25 ottobre in tutto il mondo. «Gli acquisti di pasta con 100% grano italiano - sottolinea la Coldiretti - sono cresciuti in modo vorticoso ed il risultato è che oggi 4 pacchi di pasta su 10 (40%) venduti in Italia utilizzano esclusivamente grano duro coltivato sul territorio nazionale». 

Un record storico a distanza di poco più di 10 anni dell'arrivo sugli scaffali della prima pasta tutta italiana. Un trend favorito dall'obbligo dell'etichettatura di origine del grano impiegato «fortemente voluta dalla Coldiretti». Basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni 'Paese di coltivazione del grano: Italia' e «Paese di molitura: Italia». «La ricerca del made in Italy - sottolinea Coldiretti - ha condotto anche alla riscoperta di grani antichi, riportando nel piatto il Senatore Cappelli, la Timilia, il Saragolla e altre varietà che hanno fatto la storia del Paese a tavola. A frenare la crescita della coltivazione in Italia sono i bassi compensi riconosciuti agli agricoltori, scesi del 25% rispetto allo scorso anno su un valore di appena 35 centesimi al chilo in netta controtendenza rispetto all'aumento dei prezzi di vendita della pasta in crescita al dettaglio del 13 % nei primi nove mesi del 2023».

In pericolo c'è il futuro di circa 200mila aziende agricole. L'Italia è prima in Europa e seconda nel mondo nella produzione di grano duro destinato alla pasta con una stima di una produzione attorno ai 3,8 miliardi di chili su 1,3 milioni di ettari che ora rischiano di essere abbandonati con effetti economici, ambientali e sociali. «Occorre ridurre la dipendenza dall'estero e lavorare da subito nell'ambito del Pnrr per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con prezzi che non scendano mai sotto i costi di produzione», dice il presidente della Coldiretti Ettore Prandini