Il 36,3% della Superficie agricola utilizzata nella regione è bio, a fronte di una media nazionale pari al 17,4%. I dati e le statistiche dell’ultimo Rapporto Crea relativo al 2022. La Bioeconomia in Italia nel 2021 ha generato un fatturato di 364,3 miliardi di euro
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C’è un terreno (mai espressione fu più azzeccata) rispetto al quale la Calabria non ha rivali: la Superficie agricola utilizzata (tecnicamente si usa l’acronimo Sau) dedicata al biologico. Con il 36,3% della Sau biologica sul totale della Sau regionale la Calabria è prima nella classifica nazionale stilata per regioni. Lo rivela l’ultimo rapporto del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) intitolato “L’agricoltura italiana conta, 2022”, una fonte importante per lo studio del settore primario.
Forniamo qualche dato di sistema. L’Italia - precisa il Crea - si colloca all’ottavo posto, in Europa, per quanto concerne l’intera superficie nazionale e può vantare 12,5 milioni di ettari circa di Sau (12.535.330), di cui 994.318 dedicati a uliveto, 635.951 a vite, 392.484 a frutteti vari, 112.033 ad agrumeti.
Il 7° Censimento dell’agricoltura, datato 2020, ha attestato - riferisce il Crea - la presenza in tutto il Belpaese di oltre un milione e centomila aziende agricole (1.133.023), in calo del 30% rispetto a dieci anni prima (2010). Sempre nel 2020 la media nazionale di Sau per azienda è stata di 11,1 ettari, con la Calabria attestata sul valore più basso a livello regionale (5,7 ettari) dopo la Liguria (3,4). Le regioni agricole più sviluppate e ricche d’Italia, quali la Lombardia e l’Emilia Romagna, sono contraddistinte da un valore di Sau per azienda molto più alto: rispettivamente 21,5 e 19,4 ettari. Spiccano la Sardegna con 26,2 ettari e la Valle d’Aosta con 24,6. Rispetto agli oltre 12,5 milioni di ettari di SAU a livello nazionale, la Calabria ne dispone di 543.070, pari al 4,33%. La regione italiana con maggiore SAU è la Sicilia (1.342.120), e a seguire la Puglia (1.288.210), la Sardegna (1.234.680), l’Emilia Romagna (1.044.820), la Lombardia (1.006.980), il Veneto (835.230). I 543.070 ettari di superficie agricola di cui dispone la Calabria (dato censito nel 2020) sono utilizzati da 95.538 aziende agricole, pari all’8,43% del totale nazionale (1.133.023). La regione italiana con più aziende agricole è la Puglia (191.430), e a seguire la Sicilia (142.416), il Veneto (83.017), la Campania (79.353), il Lazio (66.328). La Calabria, quindi, è terza tra le regioni italiane per numero di aziende agricole, superata solo da Puglia e Sicilia, e al di sopra delle più potenti regioni del Belpaese per economia agroalimentare (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto). Non è ottimale, per la Calabria, il rapporto tra valore aggiunto in agricoltura e numero delle aziende: 1.700 milioni di euro nel 2022 (Report Istat sull’andamento dell’Economia agricola, anno 2022) a fronte, come abbiamo appena visto, di 95.538 aziende agricole. La Lombardia, invece, che ha garantito 4.181 milioni di euro di valore aggiunto in agricoltura, lo ha fatto con il lavoro di 46.893 imprese (quasi la metà di quelle della Calabria). In dieci anni, dal 2010 al 2020, la Calabria ha perso l’1,1% di Sau.
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La Sau biologica, in Italia, è pari a 2,2 milioni di ettari (2.186.570), che rappresentano il 17,4% del totale nazionale di 12,5 milioni (rilevamento Crea per il 2021). La Sau biologica in un anno è aumentata del 4,4%, con una crescita del numero degli operatori del 5,4%. L’obiettivo che l’UE pone per tutti i Paesi della Comunità è di giungere al 25% di Sau biologica entro il 2030. In questo contesto la realtà della Calabria è da record, con il 36,3% della propria Sau totale (543.070 ettari) classificata come biologica. Solo la Toscana, con il 35,2% ha un valore paragonabile a quello della Calabria, perché le altre regioni leader del biologico rimangono sotto il 30%: Basilicata (26,5%), Marche (25,5%), Lazio (24,4%), Sicilia (23,6%), Puglia (22,3%). In valore assoluto la Calabria può vantare 197.165 ettari di Sau biologica, con un aumento del 2,2% rispetto al 2020. Il Sud Italia rappresenta il 57% della SAU biologica nazionale.
La Calabria conta 8.122 produttori in regime esclusivo biologico (+2,2% sul 2020), 1.188 produttori/trasformatori (+5,2%), 382 trasformatori esclusivi (+6,4%). Gli 8.110 produttori esclusivi calabresi sono pari al 13,03% del totale nazionale (62.333): un valore anch’esso record, al quale si avvicina solo la Sicilia (8.110); terza la Puglia con 6.992; quarta la Campania con 6.052; quinta l’Emilia Romagna con 4.513. Dei 2.186.570 ettari di Sau biologica in tutta Italia, 423.833 sono dedicati alla produzione di foraggi, 342.727 ai cereali, 247.637 all’ulivo, 128.127 alla vite. La zootecnia biologica nazionale (dato Crea 2021) vanta 5.264.161 polli, 579.895 ovini, 409.332 bovini, 264.205 arnie di api, 99.580 caprini, 58.536 suini, 18.968 equini.
La Bioeconomia in Italia - sottolinea il Crea - nel 2021 ha generato un fatturato di 364,3 miliardi di euro, rispetto al quale l’agroalimentare pesa il 59,5% (63,2 miliardi generati da agricoltura, silvicoltura e pesca; 153,1 miliardi dall’industria alimentare, bevande e tabacco). L’agricoltura biologica è un fiore all’occhiello della Calabria da valorizzare al massimo, anche perché ha tanti risvolti positivi sul fronte della sostenibilità ambientale, della tutela della biodiversità, della sicurezza alimentare, della nutrizione salutistica, dell’offerta turistica, della qualità della vita di residenti e turisti. Bisognerebbe lavorarci molto su in termini di comunicazione integrata, facendo conoscere al mondo, ma in particolare all’Europa, questa dimensione biologica di una regione antica: una caratteristica, possiamo azzardare un aggettivo di matrice filosofica, molto pitagorica.
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Chiudo con una riflessione breve sul valore dei dati e delle statistiche che LaCNews24 sta pubblicando con numerosi servizi di approfondimento. Tanti i messaggi di incoraggiamento giunti, ma anche qualche incomprensibile mal di pancia. La verità non deve mai fare paura, né deve essere nascosta. Piuttosto la verità, anche quando è scomoda, deve servire da stimolo per fare meglio, ma anche per premiare tutte le attività e i comparti che, al contrario, si distinguono per percorsi virtuosi e che possono essere additati come esempio da seguire (lo faremo). L’entusiasmo razionale, spinta decisiva per quanti lavorano, non deve essere mai soppiantato dalla fumosità di auto-esaltazioni prive di supporti misurabili che, nel peggiore dei casi, possono anche significare autoreferenzialità interessata o strumentale, fino al punto di rischiare di coprire sacche di sperpero o di cattiva utilizzazione di danaro pubblico.
L’agricoltura calabrese, anche in virtù di azioni politiche positive, sta comunque compiendo passi in avanti, a macchia di leopardo. Si può fare molto di più anche comprendendo fino in fondo che la comunicazione integrata professionale, da non confondere con la generica promozione, è un segmento strategico di ogni filiera agroalimentare di qualità. La promozione agisce, in tempi più o meno brevi, sull'immagine generale di comparti o prodotti. La comunicazione integrata professionale accompagna passo per passo le singole filiere produttive, di continuo, con lo stesso peso, se non di più, della scelta delle materie prime, delle lavorazioni, del packaging, delle strategie commerciali: un enzima insostituibile che fa da catalizzatore a tutti gli altri fattori rendendoli visibili, credibili, spendibili, comprensibili e vincenti.