Italia divisa in due dall’autonomia differenziata. Stavolta, però, non si parla degli effetti della riforma ma dell’idea che gli italiani ne hanno. Vincono i contrari, che rappresentano il 45%, mentre il 35% è favorevole. A far scattare il giudizio negativo – diffuso soprattutto al Sud – non è, però, la percezione che si tratti di un primo passo verso la secessione: il provvedimento viene piuttosto visto come punitivo nei confronti delle aree del Mezzogiorno, già più povere e con più difficoltà rispetto alle regioni del Nord.

Il dato emerge da uno studio condotto dall’Istituto demoscopico Noto Sondaggi per Repubblica e viene riportato in un articolo di oggi sullo stesso quotidiano, a firma di Antonio Noto.

I risultati appaiono stratificati in base alla provenienza geografica degli intervistati. Mentre al Nord la maggioranza è favorevole all’autonomia differenziata (42% contro 35%), al Sud i contrari sono il 57% mentre al Centro raggiungono il 50%.

«La valutazione – scrive Noto su Repubblica – ruota tutta attorno al tema delle risorse, la nuova norma consentirà alle Regioni che ne facciano richiesta di ottenere autonomia legislativa su determinate materie, trattenendo di conseguenza il gettito fiscale che oggi viene invece ridistribuito a livello nazionale in base alle esigenze. Da qui i vantaggi, percepiti in particolare al Nord. In primis la possibilità di legiferare in base alle effettive esigenze del territorio (33% che diventa 40% nel Nord), aumentando l’efficienza dei servizi (31% che diventa 36% nel Nord) e consentendo anche di sperimentare nuove politiche a livello locale (19% che diventa 26% nel Nord)».

Di contro, la riforma potrebbe invece acuire i problemi di quelle regioni che già hanno risorse limitate. Una percezione che riguarda il 44% degli italiani, così distribuiti: 66% al Sud, 54% al Centro, 38% al Nord.

Rileva anche, Repubblica, che non è passato «il messaggio più rassicurante del Governo», ossia che la riforma ha invece lo scopo di ridurre il divario tra regioni: a essersene convinto è solo l’11% degli italiani (16% al Nord, 8% al Sud). E a non esserne persuasi sono anche gli elettori dei partiti al potere: solo quelli della Lega raggiungono una percentuale del 37% mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia si fermano rispettivamente al 19 e al 10%.

Andando nello specifico dei settori che subiranno i contraccolpi della riforma, Sanità e Scuola su tutti, prevale la percezione di un impatto negativo. Il 44% paventa l’aumento delle disuguaglianze nei livelli dell’assistenza sanitaria (al Sud il 63%), il 42% nell’istruzione pubblica (62% al Sud).  

Timori, si sottolinea, che seppur prevalenti nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno, non svaniscono del tutto al Nord. «Nel complesso – conclude Noto su Repubblica –, la possibilità di contare sull’autonomia di gestione di un gettito fiscale regionale è ritenuta dagli italiani più un discrimine che un vantaggio ed il timore è che possa impattare nell’aumentare le diseguaglianze fra i territori, anche se la Legge in discussione prefigura un obiettivo opposto».