«Non dipende da me. Vedremo se incrementeremo i voli, se faremo un’aerostazione più capiente, ne parleremo». È una dichiarazione  quella rilasciata alla nostra testata da Arturo De Felice, presidente della "Sacal" la società di gestione degli aeroporti di Reggio, Crotone e Lamezia, che non lascia spazio a possibili soluzioni per il destino degli oltre 50 lavoratori del “Tito Minniti”, attualmente in cassa integrazione. Nell’attesa che i nuovi investimenti tra la “Sacal” e la citta metropolitana di Reggio Calabria fruttino introiti, si chiudono infatti, le speranze per una loro riassunzione. Erano stati licenziati dalla curatela fallimentare della ”Sogas”, l’ex società operante allo scalo reggino e adesso per loro gli ammortizzatori sociali stanno per terminare; in tanti quindi rischiano di non avere più uno stipendio.

De Felice: «Abbiamo salvato lo scalo»

Il presidente De Felice alza le mani e ribadisce l’impegno per l’Aeroporto dello Stretto, ma di fatto  c’è il pericolo concreto che non si faranno più assunzioni. «L’aeroporto di Reggio- sottolinea De Felice era fallito. Senza l’intervento della Sacal non si sarebbe potuto salvare, così come quello di Crotone. Noi l’abbiamo fatto, non ci sentiamo eroi per questo, ma abbiamo fatto il nostro dovere in trasparenza e con grandi risparmi che non abbiamo fatto di certo sulla pelle dei lavoratori». Di tutt’altro avviso è il segretario regionale della Uil Trasporti, Luciano Amodeo. La sigla sindacale pià volte, per questa vicenda, ha richiesto l’intervento delle Istituzioni, denunciando al contempo che allo scalo reggino non sono attualmente garantiti gli standard minimi di si sicurezza proprio a causa della mancanza di personale. Addebiti questi puntualmente rispediti al mittente da parte della "Sacal". «Vogliamo un impegno serio- ha chiosato Amodeo. Qua si tratta di lavoratori che hanno chi 50 chi 60 anni e che non può adesso re-inventarsi nel mondo del lavoro e tra l’altro si parla di far perdere delle competenze al nostro territorio. Competenze acquisite in anni di duro lavoro». Ed è per questo che la sigla sindacale richiede un confronto con la società e le Istituzioni perché «questi lavoratori non possono essere messi da parte».