La decisione della Santa sede riguarda l'arcivescovo che guidò la diocesi di Reggio per 27 anni contribuendo alla ricostruzione durante le alluvioni e rimanendo vicino alla città nel corso dei moti del 1970
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L’ex arcivescovo di Reggio Calabria, Monsignor Giovanni Ferro, è stato dichiarato “venerabile” dalla Santa Sede. La notizia è giunta nella giornata di ieri dal bollettino della sala stampa vaticana che ha comunicato l’approvazione, da parte di Papa Francesco, alla promulgazione di Decreti della Congregazione dei Santi, fra cui figura anche il nome di monsignor Ferro.
Cosa vuol dire venerabile?
Innanzitutto tocca al vescovo del luogo dichiarare una persona come “servo di Dio”, il quale viene presentato al papa affinché emetta il suo parere definitivo. Dichiarando che quel servo di Dio ha vissuto con intensità non comune le virtù cristiane e che intorno a lui c’è autentica fama di santità, il Papa lo indica come modello autorevole di vita evangelica. Il titolo di venerabile, dunque, è dato dal Papa. Va verificato, poi, se il venerabile ha compiuto un miracolo. Per la religione cristiana, in realtà, a compiere miracoli è solo Dio. Il venerabile intercede affinché Dio lo ascolti ed esaudisca le preghiere di coloro che gli si sono rivolti per chiedergli di pregare anche lui il Padre, perché conceda il miracolo. Se viene verificato che si tratta di un miracolo autentico, il Papa iscrive il venerabile tra i beati, e le persone a lui devote o la gente della sua diocesi di origine possono pregarlo come beato con fiducia e imitarlo con frutto. Quando il beato farà almeno un altro miracolo, il Papa lo proclamerà santo.
Il vescovo dei moti e difensore della città
Arcivescovo dal 1950 al 1977, monsignor Ferro caratterizzò un tratto importante della storia della città di Reggio Calabria. Pur non essendo reggino d’origine e neppure calabrese, Ferro seppe conquistare l’amore di una intera popolazione.
In occasione delle alluvioni del 1951 e 1954, infatti, aprì le Chiese e gli istituti religiosi, il seminario e la curia arcivescovile agli sfollati, difendendo con forza i diritti negati dopo quei fatti così tragici. Ferro fu anche colui che fece costruire otto case per gli sfollati della vallata del Valanidi e Ravagnese. «Padre e difensore della sua gente, della sua città», lo definì monsignor Antonino Iachino nel corso di un convegno del novembre 2017. Ferro aveva una predilezione per i bambini e per i più poveri. Fece nascere il soggiorno San Paolo di Cucullaro, il “cortile dei poveri” della Curia Arcivescovile affidandolo a don Italo Calabrò. Proprio monsignor Iachino tratteggia in maniera chiara la figura di Monsignor Ferro: «Fu un antesignano. Nel 1967, quattro anni prima della nascita della Caritas italiana, aveva già sottoscritto un atto che impegnava la diocesi al servizio degli ultimi».
Ma monsignor Ferro fu anche il presule che visse il tempo dei moti di Reggio Calabria, rimanendo sempre vicino alla popolazione. Soprattutto a quella parte che in maniera genuina difendeva quello che fu ritenuto uno scippo alla città dello Stretto.
«Per conoscere monsignor Ferro – scrisse di lui monsignor Nunnari – basta guardare il suo portafoglio: non aveva nulla». Una povertà che monsignor Ferro riportò anche nel suo testamento: «Delle poche cose che risulteranno in mio possesso alla mia morte, lascio erede il seminario di Reggio Calabria». La sua umiltà venne fuori nelle parole rivolte al popolo reggino: «Chiedo umilmente perdono a chiunque io abbia potuto offendere o contristare, lieto di poter dichiarare che nel mio animo si sono mai fermati pensieri e sentimenti di avversione o di rancore per alcuni di voi. Ringrazio tutti della grande bontà che, come figli amatissimi, avete avuto per me indegno Pastore della Chiesa Reggina e Bovese».
Ed è proprio quella comunità che ora attende con trepidazione le prossime tappe che potrebbero condurre monsignor Ferro alla canonizzazione. Lui che, già quando era in vita, fu ritenuto un santo da buona parte del suo popolo.