Ci sono voluti tre anni di lavoro per portare alla luce in lingua italiana “La nostra Nig”, un manoscritto del 1859 composto da Harriet Wilson,  donna afroamericana che a malapena sapeva leggere e scrivere, ma che scelse di lasciare su carta una testimonianza ruvida e toccante, la propria storia, quella della riduzione in schiavitù della gente di colore, anche delle bambine, nonostante formalmente l’America del Nord sembrasse avere cambiato pagina.

 

E il merito di avere condotto per mano questo manoscritto in Italia, facendolo diventare un libro edito da Lebeg apprezzato e ricercato è del calabrese Giuseppe Villella, lametino,che è stato supportato dalla traduttrice Mariacristina Cesa e che è riuscito ad intercettare anche la collaborazione per l’introduzione della poetessa americana Jaki Shelton Green.

 

«Stavo facendo delle ricerche sulla letteratura americana quando mi sono imbattuto in questo testo e ho visto che non esistevano traduzioni in lingua italiana. L’ho proposto così alla mia casa editrice e ho iniziato a lavorarci», ci spiega Villella autore di altre importanti traduzioni.

 

Una piccola autobiografia quella arrivata a noi, con non poche difficoltà, dalla seconda metà dell’Ottocento. Protagonista la stessa autrice venduta da bambina e vittima di violenze e orrori. Un lavoro non facile quello compiuto da Villella e Cesa che hanno operato su un inglese arcaico e non supportato da una buona istruzione scolastica.

 

Il libro venne rinvenuto intorno agli anni Ottanta, ma non ebbe una grande diffusione. Il coraggio e la determinazione della Wilson nel mettere giù il suo vissuto senza veli e ipocrisie sembra però avere trovato ora adeguata luce.

 

In un momento storico in cui le forme di schiavitù hanno mille sfaccettature, ripercorrere la nostra storia, addentrarsi nei suoi angoli più amari, sembra essere ciò di cui si ha bisogno.