Le famiglie storiche chiedono e ottengono la ricomposizione della congregazione. L'obiettivo è riguadagnare un ruolo centrale nella vita culturale e spirituale cittadina
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Siamo abituati a parlare di Grandeur, riferendoci solitamente ai cugini d’Oltralpe. Eppure, in Calabria, molti concordano nell’affermare che lo stesso orgoglio di appartenenza, la stessa consapevolezza d’un grande passato, è il vezzo identificativo di tutti gli abitanti della capitale turistica regionale: Tropea.
I tropeani sono orgogliosi. E a ragione: il borgo più noto della Regione ha alle spalle 2000 anni di storia, vestigia che vanno dalle forme greco gotiche a quelle turche, dalle normanne alle bizantine, passando per le barocche, ed è ancora popolata da famiglie i cui natali sono certi e documentati da almeno 1000 anni. Che dire: la consapevolezza della propria diversità, una sorta di grandeur regionale ma ben giustificata, è salda nell’animo di ogni tropeano, patrizio o meno. Ma quando questi natali possono fregiarsi di qualche quarto di nobiltà, l’orgoglio di classe diventa ancor più acceso. Le antiche glorie, ricordate con più nostalgia.
Cinque secoli di vita
Il riaffacciarsi di questo orgoglio “di casta”, è stato senza dubbio tra le cause che hanno riportato in vita una secolare istituzione cittadina, grazie alla quale, nelle scorse settimane, la Storia è tornata a bussare alle porte della città: la Congregazione dei Bianchi di San Nicola, ente spirituale animato dalla nobiltà tropeana, con vocazione assistenziale. L’iniziativa è stata presa dalle stesse famiglie che ne hanno determinato, nei secoli, le sorti: i titolati. Non tutte presenti all’appello, ca va sans dire (che lo spopolamento non rispetta casato, ne casta, ed ha portato al dimezzarsi dei nobili nella stessa misura sofferta dai communards). E tuttavia presenti in buona rappresentanza. Si deve a questa, e soprattutto ai buoni uffici dell’assistente spirituale della Confraternita, nonché parroco della Concattedrale di Tropea, don Ignazio Toraldo, l’aver ottenuto il consenso del Vescovo di Mileto e Nicotera Mons. Luigi Renzo alla ricomposizione dei "Bianchi". Renzo, l’8 maggio scorso ha accolto positivamente l’istanza risalente al 2016, autorizzando il soggetto con vocazione di Fede, Carità e Assistenza, a riprendere le attività di cui allo statuto. Obiettivo dichiarato, riguadagnarsi un ruolo centrale nella vita culturale e spirituale cittadina.
I fasti della Tropea borbonica
I Bianchi di San Nicola hanno alle spalle un grande passato. Era espressione spirituale e solidale del patriziato, e viaggiava di pari passo, già nel Cinquecento, con il Sedile dei Nobili (espressione politica), Accademia degli Affaticati (arti e lettere). L’organismo, restaurato nel 1776 dal regolamento imposto alle congregazioni da Ferdinando I di Napoli, e legittimato dal Reale Assenso nel 1779, in qualità di “nuova congregazione nobile dei Bianchi di S. Nicola sotto il titolo della SS. Vergine di Romania nella Reale e laicale chiesa dell'Ospedale di Tropea”, rilancia nel 2019 principi di attività spirituale e culturale fedeli in tutto e per tutto agli articoli di regolamento stabiliti dal Borbone.
Il Priore Adilardi: centralità del culto
A riprendere la centralità del regolamento, il priore Giuseppe Adilardi, che ha illustrato la finalità del rinnovato consesso, insieme ai membri Giuseppe Romano, ed Ercole Massara. «Abbiamo voluto ridare vita alla Congregazione, perché ha costituito un elemento centrale, che per secoli si è intrecciato con la storia della città. Le attività portate avanti per secoli, in materia di assistenza spirituale dei propri membri, e nell’ambito dell’assistenza ai bisognosi, possono e devono essere rilanciate anche nella Tropea odierna», ha dichiarato il Priore. «La nostra prima esigenza è quella di trovare un luogo dove poterci confrontare su temi di spiritualità, su interrogativi di carattere religioso. Dar vita ad incontri che portino consiglio e conforto», ha quindi specificato Adilardi. «Oggi, il nostro tempo, la nostra cultura ci privano dell’opportunità di trovare interlocutori capaci di accogliere le nostre urgenze spirituali, i nostri interrogativi di carattere morale religioso, anche teologale. In questo silenzio, la Congregazione vuole fornire occasioni di supporto: non lasciare soli i confratelli nel deserto di questa crisi di valori»
Incontri culturali e Anno Mottoliano
Anche Giuseppe Romano ha insistito sulla necessità di dar vita a una stagione di incontri, di carattere spirituale ma anche culturale. «Tornare ad offrire spunti di riflessione, incontri con personalità dal profilo alto. Questa deve essere la nostra prima missione», ha evidenziato il confratello, tra i membri più attivi dell’organizzazione di carattere religioso. «In ogni caso, resta alta la primarietà dell’azione solidale. Tra le prime attività della ricomposta Congregazione, una donazione effettuata al centro di Solidarietà don Mottola, già oggetto, nei giorni scorsi, d’un nostro approfondimento».
Iniziative più inclusive, saranno dedicate anche alla riapertura della Chiesa dei Nobili, situata tra il Comune e palazzo Giffone, di competenza della Congregazione stessa e dotata di splendidi arredi sacri, tra i quali un organo del XVII secolo, ed un catafalco coevo di pregevolissima fattura. La prossima stagione estiva, coinciderà con una serie di visite guidate per tornare a fruire di uno dei gioielli architettonici più belli e più segreti della città.
Tra gli obiettivi, anche la degna celebrazione dell’anno Mottoliano, in concomitanza del cinquantennale della morte del Venerabile tropeano, il 29 giugno 2019. «Don Mottola», chiosa il Priore, «è stato assistenze spirituale della Congregazione: e per questo, intendiamo ricordarlo nelle forme più consone a rilanciare la memoria di questo grande padre spirituale della comunità, e della Calabria».