«Dinnanzi alle disuguaglianze che oggi attanagliano la nostra società, se lui fosse qui certamente sarebbe in lotta, sempre dalla parte dei più deboli, per cercare di cambiare le cose. Il suo era uno spirito profondamente rivoluzionario che non si sarebbe neppure oggi risparmiato per affermare i principi di equità e giustizia sociale». Stefano Musolino, segretario nazionale di Magistratura Democratica e sostituto procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, oggi parla da pronipote di Eugenio Musolino, calabrese e reggino, eletto il 2 giugno 1946 tra i 556 deputati dell'Assemblea Costituente chiamata a redigere il testo della Costituzione Italiana. Nello stesso giorno l'Italia, dopo le guerre e gli orrori che avevano dilaniato l'Europa, diventava una Repubblica.

A sancire la fine della Monarchia e l'inizio della Storia Repubblicana, il referendum istituzionale, indetto all'indomani della Seconda Guerra Mondiale e anche occasione per il primo voto politico delle donne, in un'Italia dove da poco era stato finalmente introdotto il suffragio universale.

La politica come servizio alla Comunità

In questo frangente storico di assoluta importanza, furono protagonisti anche tanti calabresi e tra questi pure Eugenio Musolino di cui il pronipote  Stefano conserva un ricordo molto vivo, alimentato non solo dall'affetto ma anche da una profonda ammirazione per l'integrità morale, per quello spessore politico, che oggi è difficile rintracciare, per quella passione civile che non aveva abbandonato il prozio neppure in avanti con l'età. «Mi ricordo le tante volte in cui, anche per aiutare mia zia Maria, sua moglie, che di lui si prendeva cura, andavo a prenderlo per uscire e portarlo a casa nostra. Lui era molto restio a lasciare la sua casa. Gli acciacchi erano tanti e la sua vecchiaia profondamente segnata, come era stata la sua vita, dai traumi, fisici come la ferita alla testa ma soprattutto interiori, della guerra e dalle torture subite durante il regime e la prigionia. Bastava, però, che gli annunciassi che i compagni della sezione del partito lo aspettavano per ascoltare i suoi racconti, la sua testimonianza, le sue parole, per vedere il suo viso illuminarsi. Subito vinceva ogni resistenza, scattava in piedi ed era pronto a seguirmi. Anche se per un brevissimo lasso di tempo, scomparivano i malesseri dell'età per fare spazio a quell'energia e quella passione politica di cui anche mio padre, suo nipote Michele, mi raccontava ricordando le chiacchierate anche in casa con lui e con l'allora prefetto di Reggio, nominato dal comando Alleato, Antonio Priolo. Erano sempre argute conversazioni su temi di interesse sociale e collettivo. Credo che questo ricordo dica molto di come lo zio Eugenio abbia vissuto e interpretato le sue scelte di vita più importanti, di come la politica per lui fosse un servizio alla comunità e alle persone più vulnerabili», rammenta ancora Stefano Musolino, la cui nonna Emilia era sorella di Eugenio Musolino.

La lungimiranza del principio di Indipendenza della Magistratura

«Nel ricordo di zio Eugenio ritrovo valori che mi hanno ispirato e che mi ispirano ancora. Penso alla Costituzione che lui ha contribuito a scrivere agli articoli 2 e 3 e soprattutto alla seconda parte di quest'ultimo laddove si parla dell'impegno della Repubblica per garantire l'effettiva uguaglianza e dunque contrastare le iniquità sociali. Impegno al quale la stessa magistratura deve concorrere. Da suo nipote prima, e adesso anche da magistrato, provo una certa emozione quando penso che con i suoi studi giuridici, che poi mise a servizio anche successivamente nella sua attività nella commissione Giustizia al Senato e alla Camera, egli fu tra coloro che si occuparono anche di scrivere gli articoli della Costituzione relativi alla magistratura e quindi al potere Giudiziario, mostrando una fine e particolare lungimiranza nel sancire il principio di indipendenza necessario per garantire l'essenza della Democrazia e traccia di una visione straordinariamente moderna, alla quale tanti paesi nel mondo si ispirano», sottolinea ancora il pronipote Stefano Musolino.

La Guerra, il partito Comunista e la resistenza al Regime

 «Una persona dalla tempra forte che, pur avendo sofferto molto, era rimasto fedele a quegli stessi ideali che lo avevano sempre molto esposto. Era stato un interventista ai tempi della Prima Guerra Mondiale mosso dall'urlo "La terra ai contadini", salvo poi rendersi conto che quelle promesse erano state vanificate e le persone erano ancora sfruttate da un sistema di potere che di quella debolezza si nutriva. Era necessario fare qualcosa che li affrancasse da quella condizione di bisogno e di estrema vulnerabilità, che concorresse alla loro concreta emancipazione. La scelta di abbracciare la politica e il Comunismo in modo così intenso maturò anche da questa esperienza e fu una scelta che durante il Fascismo gli costò persecuzioni, torture fino alla prigionia. Era un contradditore irredimibile, non si piegava. Alla manifestazioni dei balilla reagiva con contromanifestazione con i contadini. Un attivismo tenace che gli costò accuse, condanne e carcere che aveva condiviso con altri compagni comunisti. In particolare mi è rimasta dentro la sua commozione nel momento in cui, nel 1978, fu eletto presidente della Repubblica, il partigiano e socialista Sandro Pertini, anche lui padre costituente. Non ricordo l'occasione specifica per la quale ci eravamo ritrovati tutti insieme a casa sua, ma ricordo la sua forte emozione che fu anche la mia», prosegue ancora Stefano Musolino.

Un forte senso di giustizia

La sua sincera indignazione di fronte alle ingiustizie e la sua tenacia nel combatterle furono un tratto distintivo costante nella vita di Eugenio Musolino come ricorda anche il nipote acquisito, lo scrittore Giuseppe Notaro.  «Vedevo il suo studio, già dalle prime ore dell’alba, gremito di persone, cosa improbabile per i politici di oggi, e ricordo di aver assistito a una scena che mi lasciò senza fiato. Una persona era stata sballottata da un ufficio all'altro senza aver potuto risolvere il suo problema. Al che mio zio Eugenio andò su tutte le furie; prese il telefono e chiamò l’artefice di quella situazione: urlò, minacciando costui di denuncia qualora non avesse provveduto. Sentii la voce dall’altro capo del filo rispondere con tono ossequioso. Non tollerava che qualcuno, non facendo il proprio dovere ledesse i diritti altri. Lo zio Eugenio fu un uomo che tanto diede al Paese nella sua attività politica, specie nella Costituente e in Parlamento, e che profuse uno sviscerato impegno per la Calabria. Eppure pochissime iniziative sono state realizzate a Reggio Calabria per ricordarlo e, al momento, non è stata ancorata inaugurata la via a lui intitolata a Gallico. Una nobile figura purtroppo dimenticata», sottolinea il nipote acquisito Giuseppe Notaro.

Il volto nobile della Calabria

«La figura dello zio Eugenio è per noi della famiglia un punto di riferimento molto solido - prosegue il pronipote Stefano Musolino - persona di enorme coraggio e grandi ideali che difese, esponendosi in prima persona. Siamo contenti di ricordarlo in questa giornata di Festa per tutto il Paese. Credo che troppo spesso della nostra terra vengano ricordati ed evidenziati solo i tratti, i volti e gli esempi più negativi, che pure esistono, ma esistono anche tante figure luminose, tra le quali certamente quella dello zio Eugenio ma non solo, che spesso vengono tralasciate. Persone che si sono battute per ideali nobilissimi, dando un contributo fondamentale alla visione e alla costruzione di questo Paese. Persone che hanno dimostrato che ci sono stati e ci sono anche qui altri modi di vivere, oltre quello criminale. È necessaria anche la narrazione di quanto di bello, giusto e nobile vi sia stato, perché c'è stato, anche al Sud e anche in Calabria, per contrastare la tendenziale convinzione di non avere un passato di cui essere orgogliosi; convinzione che inquina le nostre prospettive, rendendo difficile immaginare un futuro migliore. Oggi è più che mai necessario non dimenticare queste figure di alto profilo umano e politico della nostra terra, alimentando una memoria collettiva sempre più diffusa», evidenzia Stefano Musolino, pronipote del padre costituente reggino Eugenio Musolino.

La Costituzione sempre un altissimo riferimento

«La Costituzione, che anche zio Eugenio ha scritto, è il programma di un mondo bellissimo che purtroppo è molto distante dalla realtà che viviamo ogni giorno. Ciò nonostante, la Costituzione, sintesi alta di valori e miracolo di quei tempi successivi ad un momento storico assolutamente drammatico in cui la dignità umana e la libertà furono calpestate e oltraggiate, rappresenta la nostra essenza e resta il Patto in forza del quale stiamo insieme. Spesso, purtroppo lo dimentichiamo e lo tradiamo. Ma esso rimane comunque il punto di riferimento alto e assoluto che sempre può aiutarci a fare meglio; soprattutto quando ci sentiamo isolati, si rivela fondamentale sentirsi fedeli a qualcosa che ci unisce tutti. La stessa Repubblica, oggi, attraversa una crisi che è mondiale. La pandemia e la guerra stanno mettendo a nudo la crisi dei sistemi economici e della modulazione consumistica del capitalismo. In Italia abbiamo anche un problema di rappresentanza politica, segno di una crisi che è anche dell'impegno politico stesso, oggi percepito come sporco piuttosto che assolutamente determinante per il nostro futuro. Questo momento storico ci sta dimostrando quanto la politica sia, invece decisiva, importante e quanto sia necessario avere politici di qualità», conclude Stefano Musolino.

Eugenio Musolino, l'impegno politico di una vita

Originario del quartiere reggino di Gallico, dove nasce nel 1893, interventista durante la Prima Guerra mondiale e tenace sostenitore della causa contadina. Tornato dal conflitto la scelta di fare politica è naturale.

«(...) tutto il passato di lotta sia in guerra sia in pace mi aveva formato il carattere al quale in ogni istante non seppi venir meno. Durante la Guerra 1915 - 1918 avevo compiuto il mio dovere d'interventista, dovevo ora compiere quello di comunista. Mi corre l'obbligo di chiarire che avevo avuto un'educazione cattolica che ho profondamente riveduto per le contraddizioni che aveva rilevato tra il cristianesimo e la Chiesa cattolica», scrive Eugenio Musolino nel volume autobiografico "Quarant’anni di lotte in Calabria" (Teti editore, Milano 1977), vincitore del Premio Sila.

Nel 1920, anno in cui viene costituita la Lega dei contadini combattenti, laureatosi in Legge, è tra i fondatori della sezione gallicese del partito Socialista. L'iscrizione al partito Comunista risale al 1924 mentre nel 1925 viene nominato fiduciario del Soccorso Rosso alle vittime del Fascismo. È questo l'anno di un episodio di resistenza al Regime molto significativo: al momento di imporre l'inno fascista in occasione della festa patronale di Gallico, i comunisti si rifiutarono di togliersi il copricapo in segno di rispetto. Nel 1926 diviene segretario della Federazione del partito Comunista reggino. Continuano le perquisizione e le persecuzioni da parte del regime che, sempre nel 1926, lo manda al confino prima a Pietragalla, in provincia di Potenza, poi a Pantelleria e a Ustica. Nel 1927 viene tradotto nel carcere dell'Ucciardone a Palermo per restare a disposizione del Tribunale Speciale. Il processo inizia nel 1928 e si conclude con una condanna a 13 anni di reclusione che iniziano con 25 durissimi mesi di segregazione nella casa penale di Portolongone, in Toscana. Poi il trasferimento alla casa penale di Fossano. Il foglio di via per Reggio Calabria arriva il primo maggio 1934, con la disposizione di tre anni di sorveglianza speciale.

Il ritorno a Gallico e ai suoi affetti è particolarmente emozionante, specie dopo quei durissimi anni di reclusione che lo segnano per sempre nel corpo e nello spirito e di cui racconta sempre nel suo volume "Quarant’anni di lotte in Calabria".

«Quel che aggravava di più la mia condizione di recluso era il rigore sadico che veniva esercitato contro di noi carcerati anche quando eravamo sofferenti. Un prova di tale rigore mi avveniva di subirla di notte, durante l'ispezione, Si usava un martello di legno per verificare la solidità del muro esterno della cella e una lampadina elettrica di 50 volt di potenza per accertarsi dell'identità del recluso che a quell'ora era coricato. L'accertamento con la luce accecante e improvvisa provocava una scossa nervosa tale da causare l'insonnia per il resto della notte, come capitava a me (...) Devo rilevare che fra i detenuti politici fui uno dei più fortunati per l'affetto costante che i miei cari mi conservarono sempre in tutte le vicende della mia vita politica, ma in particolare durante la mia prigionia. Non meno delle mie sorelle, Emilia e Jolanda compagne di lotta fin dall'inizio, mi furono accanto mio fratello Vincenzo e mio cognato Stefano, marito di Emilia, con le loro visite (...)», scrive ancora Eugenio Musolino nel suo libro autobiografico.

Il ritorno a casa coincide con la ripresa della sua attività politica. La sua resistenza al Regime prosegue. Nel 1940, dopo l'entrata in guerra dell'Italia, si rifiuta di esporre la bandiera a casa sua e viene nuovamente arrestato e poi trasferito alle isole Tremiti, ad Ariano Irpino, a Monteforte Irpino e infine a Istonio. Il ritorno a Reggio risale al 1943.

Seguono lo sbarco degli Inglesi, l'esperienza della Repubblica di Caulonia, la Liberazione e l'elezione all'assemblea costituente, nel collegio di Catanzaro - Cosenza -Reggio Calabria, il 2 giugno del 1946. Quindi la nascita dell'Italia Repubblicana e l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana, il primo gennaio 1948.

Il 18 aprile 1948, giorno dell'elezione del primo Parlamento dell'Italia Repubblicana, Eugenio Musolino è nominato Senatore di diritto insieme agli altri Deputati della Costituente che, come lui, avevano contribuito alla stesura della Costituzione e avevano trascorso nelle carceri fasciste più di cinque anni. Ricopre anche l’incarico di vicepresidente della commissione Giustizia. Sempre nel gruppo Comunista è poi eletto alla Camera dei Deputati nel 1953 e termina il mandato nel 1958. È a lungo Consigliere provinciale e comunale di Reggio Calabria ed è anche commissario dei Consorzi di bonifica. Si spegne a Reggio nel 1989.

A Gallico, in piazza Calvario, su iniziativa delle associazioni culturali Anassilaos e Nuovo Giangurgolo, nel 2012 è stata apposta una targa sulla sua casa natale.