Ad agosto saranno due anni dalla morte di Nik Spatari. Un nome che, in Calabria, a molti dice poco, a qualcuno vagamente ricorda qualcosa, a pochissimi fa annuire in senso di rispetto. Nik Spatari è il Musaba, un capolavoro, un laboratorio attivo, una tela in divenire, la sua eredità artistica. Lui è stato un gigante, in senso fisico e creativo. Dopo i bombardamenti di Reggio, perse completamente un udito già indebolito da una grande paura che lo agguantò da bambino. La sua arte è nata con la naturalità della respirazione alla nascita. Semplicemente è accaduta.

Seguiva il padre carabiniere nei pattugliamenti nei paesi intorno a Mammola, in un momento dove le pallottole fischiavano tutti i giorni. Lui portava con sé la sua valigetta dei colori e intanto guardava, guardava. E disegnava. Poi Nik è diventato grande, è partito e tornato, portando con sé un pezzo di Parigi, di Milano, di mondo. Diede una lunga occhiata al di là del Torbido con l’Europa in tasca, come in una tasca Cocteau conservò, all'epoca, una sua opera portata via lasciando un biglietto: «Grazie per tutte le belle tele».

Ora è rimasta solo Hiske, la sua compagna di vita, guardiana del faro del Museo Santa Barbara, una sorta di regina arroccata alle pendici dell’Aspromonte. Il futuro fa un po’ più paura perché il tempo passa e sfrolla le pietre intagliate, le opere perdono colore, si piegano i tetti della Rosa dei venti, s’appannano le vetrate che conservano “Il sogno di Giacobbe”. A causa dell’indifferenza di tutti, specialmente di chi è stato seduto ai posti di comando, Nik non è riuscito a finire il mosaico monumentale a cui ha lavorato fino all’ultimo istante.

Cosa ha fatto la Calabria per Nik è facile a dirlo: niente. Cosa farà questa regione per lui e per il patrimonio che ha lasciato, è un’incognita. La risposta è nelle mani dell’unico che s’è fatto avanti, Nino Spirlì, amico di vecchia data della coppia Maas-Spatari, che della Fondazione Musaba è diventato vice-presidente.

Oggi, Spirlì, è in viaggio, in auto, verso Mammola. Non guida, siede dietro e parla al cellulare sempre collegato.

Le abitudini sono dure a morire.
«Mi piace girare per la Calabria. Non sono uno che sta col culo sulla sedia. La Calabria va vista e toccata o è inutile prendersi certe responsabilità».

Spirlì, di vice presidenza in vice presidenza, con una presidenza in mezzo.
«Avevo 18 anni quando ho cominciato a frequentare il Musaba, era il 1979».

Ed è scattato qualcosa.
«Ho sempre avuto rapporto splendidi con Hiske, di cui ho grandissima stima. Lei oggi mi ha amorevolmente imposto di mettermi al suo fianco».

E lei ha accettato subito?
«Le ho chiesto di riflettere su questa decisione ma lei ha insistito e allora ho detto sì».

Hiske due anni fa disse: se questa Regione Calabria non si dà una mossa, io prendo tutte le opere e me lo porto in Olanda.
«Questa sua preoccupazione, in realtà, è la prima cosa che mi ha comunicato ed è il motivo per cui mi ha chiesto di far parte della Fondazione. Io non sono un falso modesto e sono convinto che insieme a lei riusciremo a fare cose buone. I nostri caratteri non solo non fanno scintille ma, come si dice da queste parti, fanno “pane”».

Effettivamente fino ad ora è stato fatto poco, diciamo quasi nulla per valorizzare questo bene artistico straordinario.
«Le istituzioni in 50 anni di storia del Musaba sono state completamente indifferenti, tranne in sporadici casi, come se l’arte contemporanea, che ha in Nik il massimo esponente, non fosse degna di attenzione».

Però, diciamola tutta, anche durante la presidenza Santelli e poi nella sua reggenza non c’è stato alcuno slancio: non una giornata celebrativa, né una proposta di intitolazione…
«Io posso parlare per me. Per quanto mi riguarda il primo passaggio da vicepresidente è stata una visita al Musaba. Da subito ho interessato le istituzioni e ho invitato sul posto la sottosegretaria alla Cultura Borgonzoni per cominciare un discorso di collaborazione che mi auguro possa continuare. Per quanto mi riguarda non parlo di coscienza a posto ma siamo lì. Per l’aspetto celebrativo, anticipo che stiamo lavorando a qualcosa di grande, importante, speriamo nelle prossime settimane di poter dare la prima buona notizia. Certo è che gli imprenditori calabresi si sono avvicinati e messi a disposizione, insomma stanno accadendo tante belle cose».

C’è la possibilità che in un futuro, ci auguriamo lontano, sarà lei l’erede designato per guidare la Fondazione Musaba?
«Questo dovrà essere Hiske a stabilirlo. Lei farà le sue valutazioni e poi vedremo il da farsi cammin facendo. Adesso sono in fase di affiancamento».

Tracciamo la road map: cosa serve al Musaba subito?
«Stiamo avviando un discorso con quattro Ministeri: quello della Transizione ecologica, perché va messa in sicurezza l’isola fluviale che rappresenta la Fondazione; con il Ministero della Cultura, con quello della Pubblica Istruzione, e poi con il Ministero per la Disabilità perché parliamo di un artista che, nonostante la sordità, si è salvato dalle scuole lager che negli anni Trenta ospitavano i ragazzi disabili ed è riuscito a sviluppare un incredibile senso artistico».

Le manca la presidenza regionale?
«Ho abbracciato quel progetto nel momento in cui sono stato chiamato da Jole. Una cosa è certa: è stato un anno difficile ma onesto».

Secondo lei Occhiuto si sta muovendo bene?
«È agli inizi, sta facendo il lavoro di un presidente eletto che ha la possibilità di lavorare a pieno regime e la disponibilità di intervenire sul Bilancio come meglio crede. Poi cinque anni sono lunghi… mi auguro che questa bella verve iniziale continui e che valorizzi il mondo dell’arte e della cultura».