È una "ghost town", un paese abbandonato. Molti vedrebbero soltanto un cumulo di rovine, dirupi scoscesi e case senza tetto, con infissi divelti e mattoni in rovina, immersi in un paesaggio che sembra essersi fuso con la rocca sulla quale è stato costruito. Ma Roghudi non è solo questo. Chi lo ha visitato, osservato da vicino, camminato nei suoi vicoli stretti e angusti, ha avuto reazioni diverse. Alcuni hanno visto soltanto un luogo desolato, privo di vita; altri, invece, sono stati colpiti da un fascino magnetico e irresistibile, che invita a perdersi tra le sue rovine e a lasciarsi trasportare dalla sua misteriosa bellezza.

Il nome stesso, "Roghudi", evoca un'atmosfera antica. Un tempo fiorente centro agricolo, il borgo era abitato da contadini e pastori che, generazione dopo generazione, avevano lavorato la terra fertile circostante. E, le loro case, addossate le une alle altre, formavano un dedalo di vicoli stretti e ripide scalinate: un labirinto che si snodava tra orti e terrazzamenti.

Dai Greci ai Borboni, il sentiero per arrivare al borgo abbandonato è sempre lo stesso  

Sempre più animali e sempre meno persone percorrono queste strade che conducono al borgo, anticipando una desolazione struggente. Un tempo, gli abitanti di Roghudi erano gente semplice, dedita all'agricoltura e alla pastorizia. Oggi, l'antropologia moderna lo descrive come un'enclave, una realtà isolata all'interno di un’altra, più vasta e definita, la cui esistenza si radica nell'isolamento geografico e linguistico. Qui si parlava il grecanico, un idioma ormai sempre più circoscritto e difficile da comprendere, che riflette l'unicità e il mistero di questo borgo dimenticato.

Frane e alluvioni lo dichiararono inagibile

Il destino di Roghudi Vecchio cambiò radicalmente nella seconda metà del 1900 e precisamente durante i primi anni '50, quando il paesino iniziò a essere colpito da frane e alluvioni che resero la vita sempre più difficile e pericolosa ai suoi abitanti. Ma durante1971 e il 1973 la zona fu subissata da straripamenti che portarono le autorità a dichiarare il paese inabitabile.
Fu allora che gli abitanti furono costretti a lasciare Roghudi Vecchio e a trasferirsi in un nuovo insediamento, chiamato semplicemente Roghudi Nuovo, costruito più a valle e più vicino alla costa. Dopo l'abbandono, Roghudi Vecchio è rimasto disabitato, diventando un luogo fantasma. Le case, le strade e le chiese sono rimaste in piedi, anche se col tempo sono state progressivamente danneggiate dal degrado e dall'erosione. Oggi, visitare Roghudi Vecchio significa camminare tra rovine suggestive che raccontano di un passato ormai lontano.

Il paese è da favola, ma per gli appassionati di creepy è un posto trendy

La posizione spettacolare del borgo, arroccato su una stretta cresta rocciosa, offre panorami mozzafiato sulle montagne circostanti e sulla valle sottostante. Oggi Roghudi Vecchio attira curiosi, fotografi, turisti, appassionati di storia e spettatori horro che vengono a esplorare le sue rovine e a immergersi nell'atmosfera misteriosa del borgo. Il paese, con la sua storia di abbandono, nel corso degli anni, la natura ha gradualmente reclamato il borgo. Le piante hanno invaso le case e i vicoli, e gli animali selvatici sono diventati i nuovi abitanti del paese. Questo processo di ritorno alla natura ha reso Roghudi Vecchio ancora più suggestivo, conferendo al luogo un'atmosfera quasi surreale, anche perché il borgo è raggiungibile solo tramite strade strette e tortuose che si arrampicano lungo le montagne dell'Aspromonte.

La fragilità umana di fronte all'implacabile forza della natura

Negli ultimi anni, c'è stato un crescente interesse per i paesi fantasma in Italia, e Roghudi Vecchio non fa eccezione. Il borgo è stato oggetto di documentari, articoli e reportage che hanno contribuito a mantenerne viva la memoria, anche se il turismo rimane limitato a causa della difficile accessibilità e delle condizioni pericolanti delle strutture. Ma con la sua storia drammatica e il suo fascino decadente, rappresenta un pezzo importante del patrimonio culturale calabrese e un luogo di riflessione sulla fragilità delle comunità umane di fronte alla forza della natura.