«Una delle meraviglie di Reggio, Ibico, personaggio molto noto nell'antica Grecia, al quale il grande scultore Prassitele dedicò una statua, del quale si sa poco e male e al quale spero di poter dedicare un convegno scientifico promosso dall'università di Messina al fine di tracciare un profilo più completo di questo grande lirico greco», così Daniele Castrizio, professore associato di Numismatica Medievale presso l'università di Messina.

Nato nell’antica Rhegion nel VI secolo a.C., riconosciuto come innovatore della lirica greca, Ibico, di cui si troppo poco si conosce e che andrebbe riscoperto e valorizzato, ha lasciato nella storia antica, con eco anche in quella molto più vicina a noi, significative tracce che lo legano profondamente alla città dello Stretto.

Il suo legame con l'antica Rhegion

Dalla frequente raffigurazione sulle antiche monete di Rhegion della sambuca, un tipo di cetra più stretta e con i toni più acuti che lui inventò e che poi fu molto usata nell’antichità, alla statua realizzata nel secolo scorso dallo scultore cittanovese Michele Guerrisi e sita sul lungomare Italo Falcomatà. Molto di Reggio e della sua natura unica e poderosa c’è in quanto resta dei suoi versi, anche ispirati a luoghi e scenari dello Stretto.

«È un poeta profondamente reggino, incarnazione di questa terra e della sua natura. I suoi versi sono potenti e narrano della forza dell'Etna e dell'Aspromonte e della mitezza del mare e del clima. Ibico fu anche un grande cantore dell'amore», ha raccontato Daniele Castrizio.

I melici doni nel santuario di Demetra e Kore

«Di Ibico ci resta la malinconia. Probabilmente anche la traccia archeologica di uno dei posti che lui cita quando narra del Giardino delle Dee, fiorito di melici doni. Penso che questo luogo sia il santuario di Demetra e Kore che oggi conosciamo come l'area archeologica Griso - La Boccetta», ha sottolineato lo studioso.

Le gru di Ibico

Ibico non visse a Reggio per tutta la sua vita e una leggenda avvolge la sua morte, di cui protagonista è anche uno stormo di gru che il filosofo e drammaturgo tedesco della seconda metà del Settecento, Friedrich Schiller, ha richiamato nella sua poesia intitolata proprio “Le gru di Ibico”. I due versi finali di questa poesia sono riportati su una targa posta sul corso Vittorio Emanuele III, nella città natia del grande lirico greco.

L'esilio per scelta

«Attualissimo Ibico, forse pitagorico, si esiliò da Reggio dopo aver rifiutato di divenirne tiranno. Se ne andò in Grecia, presso la corte del tiranno Policrate a Samo, da dove proveniva lo scultore Pitagora di Reggio quasi suo contemporaneo come in una sorta di scambio. Io quest'anno sono stato a Samo perché ho voluto seguire le sue tracce. Ero chiamato da Ibico di cui voglio approfondire la storia e e così mi sono recato nei luoghi dove aveva vissuto per vedere i cieli e gli orizzonti che lui aveva visto. Poco conosciamo di lui e poco resta ma dobbiamo continuare a cercare», ha sottolineato il professore Daniele Castrizio che poi ha richiamato l'aneddoto delle gru e della morte di Ibico.

Tanto ancora da riscoprire

«Si narra che morì per mano di alcuni ladroni a Corinto e che uno stormo di gru avesse svelato l'identità di uno dei colpevoli, poi tutti catturati e giustiziati. Però noi sappiamo che avrebbe dovuto esistere a Reggio la tomba di Ibico o il suo Cenotafio. Pochi versi ci sono rimasti e poco sappiamo ma tanto dobbiamo trovare, sapendo dove cercare», ha concluso Daniele Castrizio, professore associato di Numismatica Medievale presso l'università di Messina.