Fine mandato per il professionista che torna ora ad insegnare all'Università Mediterranea. «Il momento più difficile? L'alluvione del 2018 quando l'acqua entrò nella struttura». Sui guerrieri trovati nel mare di Riace: «Sono diventati l'icona di un intero territorio»
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Il suo primo giorno di lavoro a Reggio è stato il primo ottobre 2015. Dopo otto anni Carmelo Malacrino, finito il suo mandato, ha lasciato oggi il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria.
Anni di passione, di difficoltà anche, ma in cui non ha mai smesso, come confessa di scrivere e di studiare. A testimoniarlo i cataloghi e le pubblicazioni e il fatto che tornerà ad insegnare all'Università Mediterranea.
Ci racconta il momento più bello di questi anni a Reggio?
«Ce ne sono stati diversi. Sicuramente l'inaugurazione di palazzo Piacentini, perché l'ho sentita come una festa della città. Celebrata da un concerto che la città ha voluto offrire al teatro Cilea. E poi tanti momenti di tante mostre, tanti progetti e obiettivi raggiunti con la parte bella della città».
E invece quello più difficile?
«Anche in questo caso sono stati più d'uno. Sicuramente l'alluvione nell'agosto 2018 quando l'acqua è entrata nel Museo, un momento veramente drammatico. Con gli archeologi e i restauratori che vi operano abbiamo lavorato subito nei depositi per verificare dello stato conservativo delle collezioni. Abbiamo affrontato una situazione assolutamente imprevedibile. Però anche quei fatti si sono trasformati in un bel ricordo nel senso che ci siamo tutti rimboccati le maniche e con le nostre forze siamo riusciti a ripristinare tutto ciò che era stato danneggiato delle strutture e dei reperti. Migliaia di oggetti recuperati e restaurati, una storia che abbiamo raccontato nella mostra “Oltre l'emergenza. Attività e restauri dopo l'alluvione del 2018”».
I Bronzi di Riace sono stati riconosciti come simboli di Reggio?
«A mio avviso sono diventati il simbolo iconico di tutto il territorio, non solo di Reggio. Siamo in un Paese in cui è lecito avere diverse opinioni. C'è qualcuno che ha maturato questa visione che i Bronzi sono un'icona, e mi fa molto piacere perché è il raggiungimento dell'obiettivo dell'anno dei Bronzi, perché poi era l'occasione per promuoverli e valorizzarli come simboli di un territorio straordinario dal punto di vista culturale e paesaggistico. Se qualcuno non li considera tali vuol dire che servirà lavorare ancora per convincere anche questa minoranza».
Cosa pensa di avere lasciato alla città di Reggio?
«Quello che penso di lasciare è ciò che la città mi sta dimostrando. Quello che leggo come reazioni non richieste, ma spontanee, sui social, da persone che nemmeno conosco ma che esprimono gratitudine per un lavoro fatto per la collettività. Questo mi gratifica e gratifica anche tutta la squadra museo che è la vera cosa lascio, insieme ad un museo che è un gioiellino. L'ho trovato con tanti problemi e lo lascio in buone condizioni e con un bilancio economico finanziario più che positivo».