VIDEO | “Via Savoia. Il labirinto di Aldo Moro”, è il titolo del volume scritto dal giornalista e politico e presentato presso il circolo Tennis Rocco Polimeni in collaborazione con il circolo culturale Rhegium Julii
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«In via Savoia a Roma, Moro aveva il proprio ufficio. Era una via non centrale, distante dai palazzi di potere politico e dal cuore della capitale. Già solo questo rimarcava la differenza con tutti gli altri politici del suo tempo e testimoniava l’idea di Democrazia che aveva in mente. Un’idea e che non può essere sintetizzata in poche parole. Se proprio dovessimo farlo potrei dire la sua fosse l’idea di una democrazia gentile». Marco Follini, politico e giornalista, autore del volume “Via Savoia. Il labirinto di Aldo Moro” (edito da La Nave di Teseo), accenna così alla scelta del titolo e anche dell’approccio prediletto nella sua narrazione di aspetti inediti dell'uomo uomo, ancora prima che politico, che fu Aldo Moro. Il volume è stato presentato a Reggio Calabria, presso il circolo Tennis Rocco Polimeni in collaborazione con il circolo culturale Rhegium Julii. La conversazione con l’autore, moderata da Marco Schirripa, è stata animata dagli interventi di Ezio Privitera e Pino Bova, rispettivamente, presidente del circolo Polimeni e del circolo Rhegium Julii.
Moro, l’uomo e il politico
«Un politico non è mai solo il suo partito, suoi programmi, la sua storia. Egli è rappresentato anche dalle sue idee e dalle sue fantasie e quindi va raccontato in tutte le sfumature del suo animo umano», afferma Marco Follini, editorialista de La Stampa, Il Domani, L’Espresso, deputato dal 1996 al 2006, senatore dal 2006 al 2013, vicepresidente del Consiglio dei ministri nel Governo Berlusconi II tra il 2004 e il 2005. Tale visione ha mosso la sua penna nella stesura di un saggio che esplora quegli aspetti umani che nell’uomo politico che fu Moro mai vennero meno, segnando la sua lunga e importante esperienza politica. La sua tempra e la sua fragilità, la sua umanità e il suo spessore politico di uomo che, non allineandosi e non delegando mai al silenzio, ha pagato con il prezzo più alto l’affermazione della sua idea di democrazia, inscindibile dal dialogo.
Lo statista che pagò con la vita la sua idea di Democrazia
Aldo Moro, uomo politico, statista di arguto spessore, uno dei padri della Costituzione, due volte Presidente del Consiglio dei Ministri, quattro volte ministro della Repubblica, ininterrottamente deputato dal 1946 fino alla morte segretario e poi presidente del partito della Democrazia Cristiana, nel 1978 pagò con il suo sequestro e l’assassinio, per mano delle Brigate Rosse e dopo 55 giorni di prigionia, la sua azione di governo volta al dialogo. Un dialogo che includeva anche il partito Comunista di cui era segretaria generale Enrico Berlinguer, mentre Moro era il presidente del Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana. Tutto ciò nell’interesse di un Paese, a dispetto dell’assetto democratico evidentemente travagliato e attraversato da lotte di potere, che necessitava di riforma sociali urgenti.
La Democrazia, una costruzione delicata e faticosa
«Moro fu un uomo importante, influente, oggi diremmo un uomo di potere. Un potere che riusciva a umanizzare, conoscendo di esso la fragilità. Tutto questo in un frangente in cui la nostra Democrazia aveva non solo necessità di celebrare il leader del momento ma anche di capire come poter innescare e alimentare una dialettica vivace. Moro non è certamente un personaggio attuale, è un personaggio di altri tempi. Il tempo, tuttavia, matura, tessendo connessioni significative che legano passato e presente nella visione e nell’immaginazione del futuro. Da questo punto di vista c’è qualcosa di Moro che parla ancora a noi a distanza di decenni e ci dice che la Democrazia è una costruzione faticosa e delicata, che ha bisogno di un lavoro di coltivazione e di rafforzamento dei suoi valori che non conosce sosta», conclude Marco Follini.