Diego Pitea, calabrese doc, continua a stupire il panorama editoriale italiano. Nel 2024 ha lasciato il segno con il suo nuovo romanzo “Oltre la selva oscura”, una reinterpretazione moderna e coinvolgente dell’Inferno di Dante. L’opera, che riprende e rende accessibili a tutti le immortali terzine del poeta fiorentino, è stata pensata per coinvolgere lettori di ogni età, dai più grandi ai più piccoli. Questo libro si aggiunge a una carriera già straordinaria: due volte finalista al Premio Tedeschi della Mondadori, cinque romanzi pubblicati, tra cui “Rebus per un delitto” e “Qualcuno mi uccida”, e un nuovo lavoro atteso per marzo. Originario di Reggio Calabria, Diego vive nella sua città natale con la moglie Monica, protagonista dei suoi romanzi, e i tre figli Nano, Mollusco e Belva. Tra thriller psicologici e gialli tradizionali, Pitea si è affermato come una delle voci più apprezzate del genere, conquistando anche le classifiche di Amazon. Un autore che continua a esplorare nuove strade, portando la Calabria al centro della narrativa italiana. Lo abbiamo intervistato.

Un reggino tra i migliori giovani autori di gialli a livello nazionale, come nasce la tua passione per la scrittura?
«Grazie mille, innanzitutto, per il giovane. Prima di essere uno scrittore, sono stato un lettore appassionato. Ancora oggi porto nel cuore l’immagine di me bambino, sdraiato a letto, con mio padre accanto che leggeva ad alta voce i capolavori di Arthur Conan Doyle, Edgar Wallace e Agatha Christie. Quei momenti hanno alimentato il mio amore per le storie di mistero e investigazione. Il passaggio dalla lettura alla scrittura è avvenuto più tardi, inizialmente con piccoli racconti, ingenui e senza pretese, che condividevo solo con la mia famiglia. La vera svolta arrivò nel 2009, un anno difficile: mia madre fu colpita da una grave malattia, e in quel periodo feci una promessa a me stesso. Decisi di provare a scrivere un giallo. Quel primo tentativo, sorprendentemente, diede i suoi frutti. Il manoscritto, che in seguito sarebbe diventato “La stanza delle illusioni”, arrivò in finale al Premio “Tedeschi” della Mondadori nel 2012. Due anni dopo, ripetei il successo con il mio secondo romanzo, “Qualcuno mi uccida”. Per questo motivo considero il 2009 l’inizio del mio percorso come scrittore».

Raccontaci un po' i tuoi libri…
«Io amo diversificare il mio approccio alla scrittura. Nasco come giallista, ma nel corso del tempo mi sono dedicato anche ai thriller psicologici. “L’ultimo rintocco” o “Come agnelli in mezzo ai lupi” sono thriller senza respiro, dove il protagonista Richard Dale, lo psicologo Asperger dalla mente geniale, è alle prese con serial killer edonisti, omicidi efferati, messaggi cifrati e rompicapo da risolvere. Ne “La stanza delle illusioni” o nel prossimo che uscirà a maggio si trova invece invischiato in drammi familiari, dove l’assassino è da ricercare all’interno di un numero chiuso di indiziati, sullo stile di Agatha Christie. Spesso mi piace mescolare i due generi e creare degli ibridi. “Come agnelli in mezzo ai lupi”, per esempio, contiene elementi di tutti i generi appartenenti al mystery anglosassone».

Il tuo ultimo libro è una scommessa molto interessante, riscrivere la Divina Commedia, da dove arriva questa idea?
«La Divina Commedia è stata una delle opere che ha maggiormente influenzato la mia formazione. Il viaggio di Dante attraverso l’Inferno mi ha sempre affascinato: è un percorso che tutti, prima o poi nella vita, dovrebbero intraprendere. Ho voluto rendere più accessibile un capolavoro universale, rispettandone stile, struttura e messaggio. Spero che questa versione moderna possa avvicinare chiunque a un’esperienza letteraria senza tempo».

Com'è l'Inferno di Dante visto da uno scrittore del 2025?
«Un tema incredibilmente attuale. Mentre il mondo evolve, l’essere umano non si è discostato molto da chi viveva nel 1300. La sete di potere, l’avidità e il doppiogiochismo sono ancora parte integrante della società. Dante, con la sua opera, è riuscito a offrire un ritratto senza tempo dell’umanità nelle sue bassezze e debolezze».

Se dovessi avvicinare personaggi della politica, dello spettacolo e dell'attualità italiana ai grandi personaggi della Commedia dantesca (Ulisse, Paolo e Francesca, Conte Ugolino etc) chi sceglieresti?
«Direi che Alberto Angela rappresenta perfettamente un Ulisse moderno, incarnazione dello spirito umano spinto dalla sete di conoscenza. Per Paolo e Francesca, penso a Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, esempio di un amore senza tempo. Alcuni personaggi dell’Inferno dantesco non sono affatto negativi, ma riescono a trasmettere messaggi universali e profondi».

Quale sarà il tuo prossimo libro?
«Tornerai ai gialli? Certamente. Ho già pronto un nuovo romanzo sullo stile di Agatha Christie. È il secondo libro arrivato in finale al Premio Tedeschi e sono ansioso di conoscere il parere dei lettori. L’indagine si svolgerà in un piccolo borgo delle colline liguri, Dolceacqua, dove il protagonista si troverà coinvolto in un caso che sembra uscito direttamente dalle Mille e una notte».

Dopo aver presentato il tuo libro al Salone 2024 per la casa editrice AltreVoci, ti vedremo al Salone del Libro 2025 con un nuovo lavoro?
«Il Salone del Libro è un appuntamento che non salterei per nulla al mondo. Quest’anno sarà ancora più speciale: presenterò il mio nuovo libro. È un momento unico per incontrare lettori, colleghi e amici di AltreVoci. Per me il Salone è una celebrazione della letteratura e un luogo dove nascono idee e nuovi progetti».

Quanto è difficile scrivere un buon giallo?
«Il giallo è il genere più difficile. Mantenere alta la tensione fino all’ultima pagina è fondamentale, e il “cattivo” deve essere sfaccettato e profondo. Inoltre, l’intreccio deve essere credibile e sorprendente. Scrivere un buon giallo è una sfida immensa che richiede passione e dedizione assoluta».

Che consigli daresti ai giovani scrittori calabresi?
«Impegnatevi senza sosta. Leggete moltissimo, approfondite ogni dettaglio e siate maniacali nella cura dei particolari. Nulla nella vita viene regalato, specialmente in una terra complessa come la Calabria. La passione è la scintilla iniziale, ma è il lavoro duro a portare il risultato».

Parti da Reggio, dove vuoi arrivare?
«Essere arrivato fin qui è già un sogno. Ogni commento positivo dei lettori è una gratificazione immensa. La mia speranza è che sempre più persone scoprano e amino i miei lavori, trovando piacere e compagnia tra le mie pagine».

Cosa diresti ai calabresi?
«Di smetterla di piangersi addosso o di cercare delle scuse. Lo so benissimo, avendole vissute sulla mia pelle, che le difficoltà di un calabrese sono maggiori rispetto ad altre realtà, ma questo non giustifica il continuo vittimismo che sento, spesso, fra le pieghe dei discorsi. Non sono tipo da credere alla favola che con la volontà si può ottenere qualsiasi cosa, ma è sicuro che senza volontà non si ottiene niente».