Organizzato dalla Camera Penale di Paola, presieduta dall’avvocato Massimo Zicarelli, nell’auditorium “F. Ferrari” del complesso Sant’Agostino (sede del comune tirrenico) si è tenuto un incontro finalizzato a presentare l’ultima opera letteraria di Raffaele Della Valle, legale già vicepresidente della Camera e deputato di Forza Italia, che col supporto del giornalista Francesco Kostner, ha dato alle stampe (per conto di Pellegrini Editore) il libro: “Quando l'Italia perse la faccia - L'orrore giudiziario che travolse Enzo Tortora”.

Gremita la platea di partecipanti all’incontro, che ha visto protagonisti relatori di primissimo livello, tra i quali la consigliere regionale Sabrina Mannarino, avvocato del foro di Paola come i colleghi Gianfranco Parenti (presidente locale dell’Ordine), Giuseppe Bruno e Gino Perrotta, ma anche il professore Mario Caterini, docente di Diritto Penale all’Università della Calabria, e l’ex presidente del consiglio comunale di Parma, Giovanni Bernini, oltre al presidente della camera penale, allo stesso autore del libro e al curatore dell’edizione.

Moderata da Alessandro Pagliaro, giornalista da sempre in trincea contro la malagiustizia, la presentazione del volume è divenuta occasione per aprire una riflessione sul rapporto tra la magistratura inquirente e quella giudicante, appaiate nel medesimo contesto dal quale, invece, sono esclusi gli avvocati che - per parte loro - si trovano spesso a doversi confrontare in aule dove arbitro e avversario fanno parte della stessa squadra.

Presente per gli onori di casa anche il sindaco Giovanni Politano, che ha rimarcato la valenza costruttiva dell’incontro (al quale ha preso parte, da remoto, anche Luca Palamara, ex magistrato ed ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura), finalizzato a comprendere gli errori commessi in passato per non riproporli in futuro.

Rivolgendosi alle nuove generazioni, l’autore del libro ha spiegato che la sua opera non vuole in alcun modo fomentare un sentimento di avversione verso la magistratura, che malgrado sia stata tacciata di eccessivo protagonismo in taluni contesti (il termine adoperato da Della Valle è stato «divismo») resta comunque una controparte imprescindibile per poter arrivare a sentenze giuste, che ovviamente dovrebbero seguire ad inchieste fissate secondo crismi deontologici che, nel caso di Enzo Tortora, non vennero in alcun modo prese in considerazione.

Come si ricorderà, la vicenda giudiziaria del celebre conduttore del programma “Portobello”, partì dalle spifferate - rivelatesi poi infondate - di camorristi divenuti collaboratori di giustizia, i quali, seguendo un medesimo disegno destabilizzante, si erano accordati per dare in pasto all’opinione pubblica una polpetta avvelenata al solo scopo di offuscare la fiducia popolare nella giustizia, intesa come risultato di processi equilibrati dinnanzi ad una corte. Una vicenda che a Tortora costò la carriera e (forse) anche la vita, che nonostante la riabilitazione e il proscioglimento da ogni accusa, si spense nel 1988 all’età di soli 60 anni.