La video-inchiesta, realizzata dal giornalista Claudio Cordova, narra il dramma dei desaparecidos ma anche la collusione e le omissioni del governo messicano
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«In Messico ci sono 33 mila desaparecidos, famiglie che sono decimante dalle sparizioni attuate sia dai narcotrafficanti ma, anche in combutta con lo Stato». Narcos e desaparecidos ma, anche corruzione e omissioni del governo. Questi i principali argomenti su cui si basa il documentario del giornalista Claudio Cordova. “La terra degli alberi caduti”, è stato presentato a Reggio Calabria al Cine-teatro “Aurora”.
Un viaggio che dura 48 minuti e che snocciola non di certo l’immagine di un paese per anni costruita ad hoc su spiagge dorate bensì, offre uno spaccato nudo e crudo di una terra martoriata dalla criminalità organizzata, dalla violazione dei diritti umani, dalla povertà e dall’inefficienza e dalle collusioni delle istituzioni. È la prima volta che viene realizzata una video-inchiesta di questa portata: una discesa negli inferi raccontata attraverso la testimonianza diretta e le crude immagini delle tante vittime. Una produzione realizzata tra Italia e Messico “la terra degli alberi caduti” narra un dramma che è diventato ormai uno scandalo e che il panorama internazionale cerca di ignorare.
Circa 40 mila persone scomparse e più di 980 fosse comuni. In Messico corruzione e narcos vanno a braccetto in molti casi e in molte regioni. A pagare sono anche i giornalisti che tentano di raccontare queste vicende, casi di narco-politica, di pezzi dello Stato direttamente coinvolti con i gruppi di criminalità organizzata. In questa coincidenza di elementi - politica, cartelli della droga, affari - si nasconde il motivo della violenza contro i giornalisti. Una vera e propria “strategia della tensione” che non risparmia nessuno: emblematica la vicenda dei 43 studenti della scuola di Ayotzinapa, scomparsi per mano di forze dell’ordine e narcos. «In Messico è sempre più diffuso- ha affermato Cordova alla nostra testata- il fenomeno delle fossi comuni, ce ne sono quasi mille e lo Stato non solo non ricerca i corpi delle persone sparite ma, anzi lo vieta ai familiari. Le famiglie quindi sono costrette, a compiere le ricerche dei propri cari di nascosto. Ciò- ha concluso il giornalista- genera ulteriore disperazione nelle vittime che non trovano mai pace»