A Matera la mostra finanziata dalla Cine Sud di Catanzaro che raccoglie gli scatti di Francesco Malavolta impegnato da anni a seguire e raccontare i flussi migratori
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C’è chi viaggia per conoscere nuovi mondi e incontrare nuovi popoli. C’è chi gira il mondo per raccontare delle storie. C’è chi parte per poi tornare, chi per restare e ricominciare a vivere. È la storia di un fotoreporter, sono le storie dei migranti. Come quelle raccontate in “Popoli in movimento”, la mostra di Francesco Malavolta che sarà inaugurata sabato 3 agosto a Matera nell’ambito del progetto fotografico “Coscienza dell’uomo”. Sempre in giro per l’Europa, a bordo di elicotteri, battelli e gommoni, Francesco Malavolta è impegnato da circa 20 anni a seguire e raccontare i flussi migratori, pronto a catturare con uno scatto ciò che accade quando un popolo inizia il suo viaggio, mettendosi in movimento verso nuovi mondi.
Lo spazio Galleria arti visive sarà luogo per accogliere, fino al 26 agosto, gli scatti del fotogiornalista che ha scelto come obiettivo principe dei suoi racconti per immagini le storie dei migranti.
I suoi scatti
Sono uomini, donne, bambini, sempre diversi eppure accomunati da un’unica, urgente esigenza: quella di salvarsi. Da una guerra o dalla povertà, dalla violenza o da una terra che non è più adatta ad accoglierli. Ciò che cercano è sempre la vita. Una nuova vita. Un’altra casa per ricominciare a sorridere. Con compostezza, dignità e quel filo di speranza che li aiuti a credere che un’altra occasione è possibile, ed è lì, al di là del mare, oltre un confine.
Dall’alto o dal basso, spesso dal di dentro, gli scatti di Malavolta non sono mero reportage, mai fredda testimonianza di persone che partono o di gente che arriva. Le sue sono, piuttosto, scene di vita vera, potremmo dire quotidiana, se pensiamo a quante volte, ieri e ancor più oggi, una famiglia è pronta a lasciare tutto per cercare un posto al sole. Rischiano la vita, perché in fondo non hanno niente da perdere. E ciò che verrà potrà essere soltanto il bene.
E’ questo che sembrano dirci le foto raccolte nella mostra. Uomini e donne in piedi, con schiena dritta sorprese a guardare avanti, con un sorriso appena accennato, o sedute in pacata attesa. E ancora braccia aperte, all’alba di un nuovo giorno. Immagini che testimoniano l’incredibile capacità di Malavolta di cogliere il sentimento che anima chi, vedendo la nuova terra, si emoziona con compostezza ma tenta, quasi, di abbracciarla. Tinte forti, contrasti netti, colori vivi, pose che rendono le fotografie simili a dipinti. Perché per descrivere il dolore non è necessario rinunciare alla bellezza che è capace, al contrario, di rafforzare il messaggio del reporter. Non urge, infatti, indugiare sul cupo dolore, sulla fame, sulla miseria. Piuttosto, nelle intenzioni di Malavolta c’è il tentativo di riprendere i flussi migratori, seguirli fino alla fine, conoscerli.
Chi c’è dentro quei barconi? Di chi sono quei corpi scuri, avvolti dalle tenebre, tutti in fila con i rossi salvagente? Perché partono? Non ci sono risposte, non ci sono certezze, ci sono solo persone che hanno scelto il viaggio, semplicemente. Un movimento, come naturale esigenza dell’uomo. Non c’è pietismo nelle fotografie proposte, la drammaticità del momento è colta con dignitosa compostezza, talvolta con la leggerezza di un sorriso appena accennato. Sono momenti rubati, grazie alla capacità del fotografo di essere presente, di stare in mezzo a quei popoli, di seguire il loro movimento per scriverne un racconto vero, sincero, che nella sua durezza riesce a restituire non solo la drammaticità di uno sbarco ma anche la felicità di un arrivo. Ogni scatto un racconto, ogni racconto una storia.
Istantanee che risvegliano la coscienza
Ed è lì che la coscienza si sveglia, perché davanti alle foto di “Popoli in movimento”, diventa difficile rimanere ancorati alle proprie inutili paure, ci si sente anche stupidi a credere che quel viaggio non sia simile al nostro. Sembra incredibile poter pensare che le nostre terre non vadano varcate con l’unica scusa della paura, dell’ignoranza, del timore che l’uomo prova per un altro uomo. E così che “Coscienza dell’uomo” ha voluto ribadire ancora una volta, con un’altra avvincente mostra, l’importanza di tornare umani, l’esigenza di difendere il patrimonio culturale che ci appartiene, intenso come insieme di valori che spingano l’uomo ad abbracciare un altro uomo, ad agire con coscienza, a “osservare piuttosto che a giudicare, a pensare invece di credere”. A confrontarsi, grazie alla forza espressiva di uno scatto, con una parte di se stesso o con un altro se stesso.
Malavolta, una vita da fotoreporter
Francesco Malavolta è un fotogiornalista iscritto all’ordine di giornalisti della Calabria, nato a Corigliano Calabro, impegnato da venti anni nella documentazione dei flussi migratori che interessano il nostro continente. Le foto rappresentano una sintesi degli ultimi 10 anni di lavoro che sono stati segnati da un intensificarsi senza precedenti delle migrazioni stesse. Un lavoro svolto in un contesto spazio-temporale in costante mutamento che lo ha portato a viaggiare lungo vecchie e nuove rotte. Collabora da otto anni con la Comunità Europea, agenzia di stampa internazionale come Associated Press, nonché organizzazioni internazionali quali Unhcr e Oim, Moas ed altre.
Gli eventi
"Coscienza dell’uomo" e tutti gli eventi in programma sono finanziati dalla Cine Sud di Catanzaro in collaborazione con Hasselblad, Canon, Nikon, Olympus, Panasonic, Sigma, Sony, Tokina-Howa, Toscana Foto Service che hanno reso possibile la realizzazione e la fruizione gratuita degli eventi.
Coscienza dell’Uomo è un progetto a cura di Francesco Mazza, Maurizio Rebuzzini e Antonello Di Gennaro