A Reggio Calabria non c’è un vero parco archeologico, piuttosto resti delle antiche civiltà che l’hanno abitata, sin dagli albori caratterizzano tutto il territorio urbano. Ogni scavo che viene fatto nel sottosuolo porta fuori grandi sorprese che vengono dal passato. È accaduto nel 2016 quando, in occasione degli scavi per la costruzione di un parcheggio a piazza Garibaldi, sono riemerse delle rovine e dei resti preziosi. Lo scavo è stato ricoperto in attesa dell’arrivo dei fondi per creare un’area archeologica protetta.

Reggio Calabria, l’ipogeo

Era accaduto a piazza Italia dove, da qualche anno a questa parte, si possono ammirare i resti dell’Ipogeo e vari strati di mura della città antica: ben undici fasi di edificazione che partono dallo strato più profondo, risalente all’epoca greco-arcaica, nel quale sono stati rinvenuti frammenti di ceramica e murature in ciottoli a pianta ortogonale, conformi con il soprastante tracciato di epoca romana. Fino all’epoca angioina (XIV sec.) ossia una serie di edifici articolati secondo il precedente impianto di epoca greca, che presentano molti vani adibiti a magazzino, verosimilmente di attività commerciali (per entrare offerta libera).

Reggio Calabria, le terme romane

Tutta la città di Reggio protegge tesori nascosti, ma di questi tesori più di una parte sono venuti alla luce e sono in bella mostra. E quasi sempre senza pagare un biglietto. Passeggiando a piedi sul lungomare Falcomatà ci sono le terme romane. Considerate le dimensioni delle terme si tratta di un edificio privato dell’antichità. I resti rivelano più fasi edilizie e per lungo tempo furono coperti da un torrione della cinta muraria spagnola - il Bastione di San Matteo - che ne garantì la parziale conservazione. Dell’impianto originario oggi sono visibili: una vasca ellittica per bagni caldi preceduta da una serie di ambienti riscaldati - tepidarium e calidarium - una vasca quadrata per bagni freddi ed un piccolo spogliatoio semicircolare pavimentato a mosaico in bianco e nero.

Reggio Calabria, le mura greche

A pochi passi si trovano i resti delle mura greche. Resti relativi all’antica cinta muraria ellenistica. Si chiamano greche ma in realtà offrono uno spaccato del circuito murario cittadino che nel corso del tempo è stato restaurato innumerevoli volte, soprattutto dopo il violento sisma del 1783. Le tesi più verosimili narrano di mura costruite dopo la metà del IV secolo a.C., quando Dionisio II ricostruì la città di Reggio col nome di Febea, la città di Febo Apollo.

Locri, parco archeologico nazionale

Il Parco archeologico nazionale di Locri, tra i più estesi della Calabria, è situato lungo la SS 106 Jonica a circa 5 km dall’odierna città di Locri, nel sito della colonia magno-greca di Lokroi Epizephyroi. Il sito documenta la storia della colonia nei secoli VI-III a.C. fino alle trasformazioni dell’età romana.

La visita all’area archeologica si snoda tra le strutture a carattere pubblico e privato. Rivestono particolare rilievo: il quartiere abitativo-artigianale di località Centocamere, la cosiddetta Stoà (struttura porticata) in forma di U, il teatro del IV secolo a.C., oggetto di interventi anche in età romana. Le numerose aree sacre, dedicate a Demetra, a Zeus saettante, quella di Marasà e la Casa dei Leoni con il sacello dedicato ad Afrodite, offrono un’immagine viva dei culti praticati dagli abitanti di Locri.

Locri, il museo archeologico

L’area centrale del sito racconta la Locri romana, divenuta municipium nell’89 a.C., quando la città si dota di nuovi edifici pubblici, tra cui il Foro e un complesso termale. All’interno del Parco si trovano il Museo archeologico nazionale (attualmente non visitabile perché in fase di riallestimento) e il Casino Macrì. Il Parco è visitabile dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 20 con ultimo ingresso alle 18.45. Il costo del biglietto è di 5 euro (intero), 2 euro (rodotto), gratuità per le categorie previste dal Ministero. Dal 6 agosto l'accesso è vincolato al possesso del Green Pass. (Le foto sono di Francesco Bonelli).

Palmi, il Parco dei Tauriani

Il pianoro di Taureana di Palmi è noto per rinvenimenti archeologici già dalla fine dell'800 e per la redazione di una carta topografica a cura di Antonio De Salvo, cui il parco è dedicato. Fu infatti il punto di partenza per le ricerche archeologiche avviati alla fine degli anni '90 del secolo scorso dalla soprintendenza in collaborazione con diversi istituti universitari italiani e stranieri. Gli scavi hanno portato alla luce capanne di 4000 anni fa, impianti urbani della città (prima brettia, poi romana); la casa del Mosaico con le sue piccole tessere policrome, un santuario urbano, una strada romana, un edificio per spettacoli di forma circolare che si presume potesse contenere fino a 3000 spettatori e una Torre Spagnola risalente al XVI secolo. Inoltre, l’area conserva il luogo di culto cristiano più antico della Calabria: la Cripta di San Fantino.

Cronologicamente, dai resti più antichi a quelli più moderni, la visita comincia dalle estremità occidentale del pianoro ai piedi della torre cinquecentesca. In questa zona è attestata una frequentazione durante il neolitico quinto millennio a. C., un'occupazione del pianoro in maniera stabile e strutturata nel corso del secondo millennio in diversi punti dell'area. Saggi in profondità al rilevato la presenza di consistenti strati archeologici con materiali databili a partire dalle età del bronzo medio fino all'età del bronzo finale relativi ad un villaggio costituito da capanne individuate al di sotto delle strutture del successivo abitato del IV secolo a.C..

Lo scavo archeologico consentito di individuare 2 principali fasi costruttive dell'abitato una più antica databile alla fine del IV secolo a.C.; un'altra databile nel corso del II secolo a.C.. Di questo impianto è possibile riconoscere strade che si incrociano ad angolo retto e che delimitano isolati dalle dimensioni ancora non definite.

Nella parte più occidentale del pianoro una grande strada larga 5 metri circonda, tra gli altri, un singolare edificio denominato la casa del mosaico, una struttura costituita da 14 ambienti che si identifica come abitazione privata di un personaggio di spicco della comunità dei Taureana nel corso della seconda metà del I secolo a.C.. La regione fu occupata dai romani che al posto della casa del mosaico realizzarono un grande santuario dedicato ad una divinità ancora ignota, costituito da un porticato che si sviluppa su 3 lati un’ampia area scoperta al centro della quale sorgeva il tempio di cui conserva oggi il podio per decenni conosciuto come il palazzo di Donna Canfora.

Rosarno, museo archeologico dell’Antica Medma

Aggiungiamo qualche notizia sul Museo archeologico dell’Antica Medma, che espone una gran parte degli splendidi reperti rinvenuti nei lunghi anni di ricerche che la soprintendenza ha effettuato a Rosarno, a partire da P. Orsi e fino ai nostri giorni. Proprio l’illustre archeologo roveretano, infatti, intuì che l’antica polis di Medma, sub-colonia locrese nota dalle fonti dovesse sorgere a Rosarno, sul Piano delle Vigne. L'esposizione inizia con una sezione dedicata alla ricca necropoli di contrada Nolio, caratterizzata da tombe alla cappuccina, ad incinerazione, a cassa di embrici, a vasca.

Sono presentati alcuni dei più interessanti corredi rinvenuti nelle tombe esplorate. Segue un settore che espone splendidi esemplari della coroplastica medmea -statuette di varie dimensioni e fogge, busti, grandi maschere, criofori (portatori di ariete) – reperti ceramici e oggetti in bronzo e ferro, rinvenuti nell'area sacra del santuario di contrada Calderazzo. I reperti sono presentati ai lati di una virtuale via sacra che si arresta davanti alla copia di un altare in terracotta (arula) di grandi dimensioni, con in rilievo i personaggi della tragedia di Sofocle che rappresenta la vicenda di Tyrò, giovane donna, figlia del re Salmoneo ritratta con i figli Pelia e Neleo che per vendicare la madre hanno appena ucciso la matrigna Sidero che giace esamine ai piedi di un altare, mentre il vecchio re Salmoneo fugge disperato davanti a tanto orrore.

L'esposizione si conclude con i materiali provenienti dall'abitato tra i quali si segnala un modello di fontana rituale in terracotta. Sono presentati anche oggetti provenienti dalla collezione privata Giovanni Gangemi, donata allo Stato, che è costituita da pregevoli vasi sia a figure nere che a figure rosse tra cui un’anfora con scene della lotta per la conquista delle armi di Achille.