“Ma io non sono nessuno. Sono solo un ignorante che si è fatto da solo”. Così Mino Reitano che proprio oggi avrebbe compiuto 79 anni. Calabrese di Fiumara, si è trasferito in Lombardia dove è morto nel gennaio 2009, ad Agrate Brianza. Una bella e solare personalità, una grande voce e un bravo musicista che una certa cultura dominante ha sempre trattato da cantante di periferia, di serie C. Anche tanti suoi colleghi hanno finito per guardarlo dall’alto in basso.

Purtroppo anche noi calabresi non lo abbiamo mai amato veramente, influenzati dalla cattiveria di buona parte della critica. Ma Mino Reitano non ha mai smesso di cantare, di andare in televisione, di fare i concerti, di farsi amare con quella sua innata simpatia, per la sua esuberanza e soprattutto per quella sua enorme vitalità. Era nazionalpopolare, e questo dava fastidio a tanti nel mondo dello spettacolo. Mino Reitano pagava quel suo essere fieramente calabrese, un uomo all’antica, un uomo che manteneva vivi principi e tradizioni nobili.

Ma noi calabresi siamo caduti in una trappola, abbiamo quasi rinnegato questo ragazzone dalla voce potentissima, con una grande carica umana, fiero della sua famiglia. Un uomo religioso, cattolico convinto, innamorato perso per la sua terra. Tanta cattiveria non gli permise mai di arrivare ai vertici, nei posti chiave del mondo della musica. Ma questo a non interessò molto, sapeva quanto valeva.

Non tutti per fortuna avevano un pregiudizio verso Reitano. Infatti la più grande interprete italiana di tutti i tempi, Mina, nel 1976 chiamò Mino e gli chiese una canzone per lei. Lui quasi incredulo donò alla regina della musica italiana un pezzo bellissimo, Terre lontane, che Mina inserì nel suo doppio fortunatissimo album, Singolare/Plurale che arrivò a vendere un milione di copie. 
Ma nemmeno Mina è riuscita a far riconoscere Reitano come un interprete di serie A, quale egli già era.

Reitano era orfano della madre, morta giovane nel darlo alla luce. Il padre Rocco era un ferroviere che amava suonare il clarinetto. Era appassionato di musica, sin da ragazzino il suo desiderio era cantare, tanto che studiò per otto anni pianoforte violino e tromba al Conservatorio di Reggio Calabria. Semplice, ingenuo, sincero e spontaneo, il cantante era atipico nel mondo dello spettacolo. Gli pesavano le ingiustizie dei critici. Sottovalutato e deriso, si vantava delle sue origini meridionali.

Come musicista completò tutto il percorso di studio, come cantante conquistò subito una grande popolarità, anche come autore si fece apprezzare per la sensibilità. Ma non si illuse mai, sapeva che nessuno lo avrebbe aiutato. Scrisse di lui Cessre Lanza: «Ricordo che una volta gli chiesi perché fosse tanto religioso, lui si immalinconì e rispose così: "Non sai quanto mi dispiace che tu non sia credente… Prega la Madonna sempre, la notte quando vai a letto, falle le tue confidenze, non nascondere nulla. Non avere paura! Devi volerle bene. Vedrete che anche nei momenti di difficoltà non ti lascerà mai solo. Come una madre, come la tua mamma"». Pippo Baudo disse in occasione della sua morte: «Mino ha avuto dalla vita quello che voleva. Ma meritava tanto di più». 

Era così entusiasta e felice che quando venne colpito da una brutta malattia, non si arrese, combatteva sempre col sorriso sulle labbra. Sognava di fare un programma musicale non appena guarito. Era davvero una persona speciale, si distingueva per la sua bontà. Aveva stretto amicizia con Adriano Celentano e la domenica giocavano insieme a pallone.

Cantava il rock con i fratelli Antonio, Franco e Vincenzo. Quest’ultimo, soprannominato “Gegè”, fratello maggiore di Mino Reitano, di cui è stato manager e poi custode della memoria artistica e umana, è morto il 27 novembre scorso all’ospedale di Vimercate. Non ha fatto in tempo a realizzare il quattordicesimo «Memorial» dedicato a Mino. Malato da tempo, si è spento a 83 anni. Gegè, all’anagrafe Vincenzo, era nato nel 1940 a Fiumara di Muro.

Mino scrisse le musiche di tutte le sue canzoni, ma scrisse anche per interpreti del calibro di Franco Califano e Ornella Vanoni. Di Mina abbiamo già detto, e per lui fu qualcosa di straordinario.

Nel 1961 si era trasferito in Germania con i fratelli, lavorava in un club in cui suonava insieme al gruppo The Quarrymen, nessuno immaginava che da lì a poco sarebbero diventati i… Beatles! Nel 1965 partecipa al Festival di Castrocaro, nel 1967 debutta al Festival di Sanremo con una canzone scritta da Mogol e Lucio Battisti, Non prego per me. Nel 1968 incide: Avevo un cuore (che ti amava tanto) e Una chitarra, cento illusioni, un grandissimo successo! Nel 1969 torna a Sanremo con Meglio una sera piangere da solo. Nel 1971 vince Un disco per l’estate con Era il tempo delle more. Per 8 anni consecutivi partecipa a Canzonissima, arrivando sempre in finale. Nel 1974 incide un pezzo con Frank Sinatra e poi va a Miami al concerto di Capodanno di nuovo in coppia con Sinatra. Per tutti gli anni successivi è un protagonista della musica Italiana.

Nel 2007 gli viene diagnosticato un cancro all’intestino. Subisce due interventi chirurgici, ma non c’è più nulla da fare. Muore ad Agrate Brianza, il 27 gennaio 2009. Le Poste italiane emettono un francobollo a lui dedicato. Ma nonostante tutto rimane sempre…Mino Reitano. E la Calabria non gli ha mai tributato tutti gli onori che meritava. Mentre lui ha sempre gridato il suo amore per la terra d’origine.