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Una nuova scoperta riemerge dalla terra silana: si tratta di 20 panetti di ferro casualmente ritrovati dal ricercatore amatoriale, il prof. Luigi Spadafora. Come riporta la Gazzetta del Sud, il docente – durante una serie di escursioni in Sila - trovò alcune pietre scure, pensando che fossero minerali; le analizzò e vide che presentavano caratteristiche siderurgiche, come il carbonato ferroso e ossidi di ferro.
Dopo lo step d’analisi, che ha visto l’interpello anche dell’Università di Torino, Spadafora presentò i risultati al soprintendente Mario Pagano in occasione di un convegno a Camigliatello; a margine è stato poi deciso di effettuare un altro sopralluogo nella zona del ritrovamento – volutamente non espressa per impedire a terzi la rimozione dei restanti panetti – al quale hanno partecipato lo stesso docente, Pagano e due colleghi della Soprintendenza. Uno dei panetti è stato consegnato al soprintendente Pagano, rimane da recuperare gli altri.
Secondo il funzionario del Mibact per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone, c’è una spiegazione storica a tutto ciò, poiché gli abbandoni dei resti si riconducono ad un’offensiva bizantina contro i Longobardi, i quali questi ultimi dovettero abbandonare in fretta e furia la Sila per non rimanere in trappola.
Dunque, un’altra scoperta che si aggiunge a quella dell’Elephas antiquus, elefante dalle zanne dritte, rinvenuto il 17 settembre dello scorso anno sulle rive del Lago Cecita, a causa della straordinaria siccità che caratterizzò il periodo. Si tratta di una specie che ha abitato l’Europa a partire dai 700.000 anni fa o anche prima e che, secondo quanto finora ricostruito, sarebbe morto sulle rive del bacino per cause naturali. Rispetto all’elefante dei giorni nostri, l’Elephas antiquus aveva la zanna più lunga, tre metri contro un metro e mezzo, ed una stazza decisamente maggiore. Poteva arrivare a pesare anche tredici tonnellate.
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Da non dimenticare anche l’altra scoperta fatta da Francesco Dodaro e Nella Infelise , impiegati della Soprintendenza di Cosenza, avvenuta nelle stesse circostanze e sempre sulle sponde del lago: un crogiolo, una sorta di fucina per la costruzione delle armi metalliche. Ciò ha fatto intendere che vi era dunque un'officina operante sull'altopiano. In Italia non ve ne sono altre.
Si tratta, dunque, di un vero e proprio tesoro presente sotto la terra della Sila che, molto probabilmente, darà modo di far scoprire altri ritrovamenti, vista la consistenza finora constatata nel perimetro circoscritto.