Al via le attività di prospezioni subacquee dei fondali della costa jonica. Tra gli scopi, la prevenzione ed il contrasto ai fenomeni di danneggiamento e trafugamento
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Prevenzione e contrasto ai fenomeni di danneggiamento e trafugamento del patrimonio culturale calabrese sommerso. È questo lo scopo del Segretariato Regionale del Mibact per la Calabria che, d’intesa con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia, hanno avviato attività di prospezioni subacquee nei fondali marini della costa jonica calabrese.
In particolare, in questi giorni tali attività sono concentrate nelle acque antistanti i comuni di Monasterace, Camini, Riace, Stignano, Caulonia e Roccella Jonica.
Le attività operative, espletate con il coordinamento sul territorio dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, dai Carabinieri del Nucleo Subacquei Messina (Motovedetta e Aliquota Subacquei) e dalla Sezione Addestramento del Centro Carabinieri Subacquei di Genova (operatori ROV e Side Scan Sonar), consistono nella prospezione strumentale dei fondali – fino a 300 m di profondità – con Side Scan Sonar, relativa verifica dei target di interesse mediante l’ausilio del ROV e nella successiva verifica visiva, alle profondità consentite, da parte dell’Aliquota Subacquei Messina e del Funzionario Archeologo subacqueo. Le operazioni sono condotte sotto la Direzione Scientifica del Funzionario archeologo subacqueo e presenziate dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza.
Le attività di ricerca hanno destato notevole curiosità e attenzione da parte dell’opinione pubblica. A questo proposito, le autorità rammentano che sono assolutamente vietate le “ricerche archeologiche subacquee” da parte di cittadini, associazioni etc. Chiunque, fortuitamente, dovesse rinvenire materiale che si ritiene appartenente al patrimonio culturale è invitato a non rimuoverlo e a dare immediata comunicazione sulla localizzazione e, se possibile, corredandola di foto, alla più vicina stazione dei carabinieri con contestuale invio alla Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio territorialmente competente. La ricerca archeologica non autorizzata, infatti, si configura come reato e come tale è perseguita dal codice penale.