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Il presidente della Regione Mario Oliverio, ha partecipato ieri sera alla cerimonia ufficiale di intitolazione di un pontile del porto turistico di Cetraro ad Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” di Pollica (Salerno) ucciso dalla camorra il 5 settembre 2010.
Il legame tra Cetraro e Pollica, è scritto in una nota dell'ufficio stampa della Giunta regionale, «è molto stretto. Nella cittadina tirrenica, infatti, trent'anni prima, la notte del 21 giugno 1980, a soli 54 anni, rimase vittima di un attentato della 'ndrangheta Giannino Losardo, segretario capo della Procura della Repubblica di Paola, mentre rientrava a casa a bordo della sua auto al termine di una seduta del consiglio comunale di Cetraro. Come per Vassallo anche per Losardo il forte e coraggioso impegno contro la 'ndrine dell'Alto Tirreno cosentino fu motivo del suo assassinio».
L'evento
La manifestazione si è svolta nell'ambito del Festival dello Sviluppo sostenibile che ha l'obiettivo di esaltare le buone prassi amministrative, la bellezza e lo sviluppo del territorio. Nel corso del dibattito sono intervenuti, oltre al presidente della Regione, il presidente dell'Associazione "Visioni" Benedetta Saulo, il sindaco di Cetraro Angelo Aita, il presidente della Running School Teresa Zicca, il delegato nazionale dell'osservatorio internazionale e dell'economia del mare Mauro Limongi, il direttore generale dell'Asp di Cosenza Raffaele Mauro, il referente di Libera Calabria don Ennio Stamile, il presidente della Fondazione "Angelo Vassallo" Dario Vassallo e il consigliere regionale del Pd Giuseppe Aieta.
Le dichiarazioni di Oliverio
«Non ci poteva essere - ha detto Oliverio - scelta migliore di quella di intitolare il pontile del porto di Cetraro ad Angelo Vassallo, un sindaco in trincea che si è battuto contro le mafie e per l'affermazione dei diritti e della legalità. Un tema fondamentale nel Mezzogiorno e non solo. Un fenomeno nei confronti del quale va, però, operata una giusta collocazione. Dico questo non per rimuovere o minimizzare la portata della presenza della criminalità nel Sud e in Calabria, ma per comprendere fino in fondo la valenza internazionale del fenomeno criminale e, in particolare, della 'ndrangheta, considerata la più feroce e più potente e invasiva organizzazione criminale del mondo. Faccio questa riflessione anche perché ritengo che noi dobbiamo recuperare la memoria, i simboli forti di un impegno vero, non ipocrita, non balbettante, non ambiguo sul fenomeno 'ndranghetistico. Troppo spesso assistiamo ad un impegno retorico, di circostanza, sbandierato da 'predicatori' che usano un linguaggio biforcuto ed equivoco e di cui la stessa politica è intrisa.
La 'ndrangheta non si combatte con le parole o per decreto, ma soprattutto sul piano culturale. Io credo che a Cetraro e in Calabria qualcosa, in questo senso, stia cambiando, sia pure in presenza di forti resistenze, soprattutto grazie alle nuove generazioni che viaggiano, girano il mondo, navigano in rete, studiano e lavorano in diversi Paesi del mondo. Oggi il giovane calabrese, anche quello meno dotato di strumenti culturali, vive in un contesto diverso da quello in cui vivevamo noi 20 o 30 anni fa. C'è quindi un cambiamento di approccio, una ribellione, una insofferenza culturale connaturata nei nostri giovani rispetto a qualsiasi condizionamento proveniente dalle organizzazioni mafiose. Il nostro compito è quello di alimentare e orientare questo atteggiamento nel modo giusto, creando condizioni ed opportunità di crescita e di sviluppo economico».