Presentato a Palazzo dei Bruzi il progetto che vede un team di esperti a sostegno dei genitori per fronteggiare il problema del consumo degli stupefacenti in età scolare
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La lotta alle droghe e alle nuove dipendenze, quelle che tecnicamente vengono definite da esperti e addetti ai lavori “new addictions”, è uno tra i punti nell’agenda del Comune di Cosenza che ha promosso alcune azioni destinate soprattutto ai ragazzi di scuola media tra cui il “parent training”, il progetto in cui vengono coinvolti i genitori. L’idea è stata proposta dalla psicoterapeuta Lucia Nardi e dal dottor Gaetano Marchese, responsabile dell'unità operativa semplice dipartimentale di psicologia del Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze della Asp di Cosenza.
«Noi vogliamo dare un contributo ai genitori e aiutarli a fermarsi e parlare insieme con gli esperti che sono stati individuati per facilitare il loro cammino nel rapporto con i figli», ha dichiarato l’assessore alla Scuola Matilde Spadafora Lanzino. «C'è un problema di ridiffusione della droga tra i giovani - ha esordito dirigente del settore educazione Mario Campanella - e questo riguarda, in maniera longitudinale, tutto il nostro Paese, tutto il Continente. Il consumo inizia a 11 anni, ma non si tratta solo di cannabis, ma anche di droghe pesanti e droghe altamente pericolose».
Il parent training
Il parent training consisterà in una serie di incontri tra i genitori e la psicoterapeuta che lo coordina (la dottoressa Lucia Nardi) e che prevede, nell'eventualità, anche la possibilità di estenderlo ai figli adolescenti. L'idea innovativa, la prima nel Centro Sud, è quella di dare un supporto ai genitori, diventando uno strumento importante per ricucire il rapporto di fragilità che spesso può indurre a percorrere altre strade.
«È un progetto ancora poco conosciuto, fuori dall'ambito clinico, dove invece è molto noto – ha detto la psicoterapeuta Lucia Nardi. Lo introduciamo nelle scuole medie inferiori dandogli un imprinting un po' differente da quella che è la sua identità originaria. Vorremmo semplicemente che la scuola aprisse la porta ai genitori. Il progetto è intenso, ma semplice nella strutturazione perché e suddiviso in tre fasi: una prima fase di accoglienza e di narrazione durante la quale si raccolgono i fabbisogni più emergenti. Nella seconda fase si entra nel vivo dell'intervento attraverso l'utilizzazione di diversi strumenti di matrice comportamentale. La parola chiave diventa la comprensione. Terza fase, la conclusiva, sarà quella della restituzione del feedback per vedere come è andata e come l'esperienza, nuova per alcuni di loro, è stata vissuta dai genitori».
Per il dottor Gaetano Marchese il «processo di crescita dei ragazzi soprattutto in una fase preadolescenziale, come quella in cui si trovano i ragazzi delle scuole medie, è il periodo più complesso e travagliato di tutta la nostra esistenza. L'adolescenza non è mai un'età felice, ma è un'età di trasformazione, di cambiamento. In questa navigazione il ragazzo si trova in un periodo di confusione e disorientamento, in un vuoto che è incertezza e instabilità. Se queste vengono riempite da riferimenti e sollecitate verso la curiosità della vita, possono essere la base di ogni percorso educativo. Se non fa si questo, i ragazzi si rifugiano nella noia, nel non sapere cosa fare. E' il buco nero nel quale precipita il bambino e il ragazzo e tutti noi altri precipitiamo. Un vuoto che viene riempito dalle droghe con le sostanze e senza sostanza, queste ultime ancora più pericolose perché sfuggono all'identificazione».
«Noi genitori abbiamo abdicato alla nostra funzione di sollecitare domande e curiosità. E' venuta meno la capacità di dialogare. Tutti i progetti sono importanti perché stimolano la comunità intera ad essere partecipe. E' fondamentale recuperare il dialogo intergenerazionale, tra genitori e figli, tra genitori e insegnanti, tra insegnanti e bambini e gli insegnati devono essere aiutati perché sono coloro che plasmano la materia del futuro», conclude Gaetano Marchese.