Tra un mese il ministero dovrà scegliere tra le 15 località candidate ad ospitare la kermesse nazionale che dura un anno. Un’ambizione che può fare leva sul passato millenario ma deve fare i conti anche con l’asfittico panorama culturale contemporaneo. Come dimostra la storia di Franco Pancallo
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Poco più di un mese. Tanto manca alla prima svolta fondamentale nel percorso che potrebbe portare la Locride a Capitale italiana della cultura nel 2025. Il Ministero dovrebbe infatti, entro il primo febbraio, scremare le quindici candidature avanzate da tutto lo stivale riducendole alla diecina finale da cui, nel giro di un altro paio di mesi (fatti di incontri, assemblee e presentazioni), dovrebbe venire fuori il nome del vincitore.
I 42 comuni della Locride, trovando numerose sponde amiche anche in Regione, ci credono. E da mesi hanno iniziato, guidati dal Gal–Terre Locridee che della candidatura è il promotore, una intensa campagna di promozione del territorio basata sulle meraviglie storico-architettoniche ereditate da secoli di dominazioni straniere e sulla preziosa biodiversità dei luoghi che garantisce produzioni agro-alimentari d’eccellenza.
Ma oltre la cortina dell’incredibile tempio di Marasà dell’antica Locri, del panorama mozzafiato attraverso la “porta del sole” di Gerace, o della potenza iconica del “drago” dell’antica Kaulon, la quotidianità culturale del territorio non sembra reggere il passo con tanto ingombrante passato.
Locride anno zero
Due cinema per 150 mila persone, teatri inaugurati e subito richiusi o ancora mai aperti in attesa degli infinti lavori di costruzione, librerie che si contano sulle dita di una mano. Per non dire delle scuole e delle inevitabili derive pluriclasse di cui sono vittime i micro paesi del territorio: se la semplice fruizione della cultura per gli abitanti di questo pezzo di Calabria è diventata, negli ultimi dieci anni, un terno a lotto, il discorso diventa ancora più complicato quando si parla di “produzione culturale”.
In attesa della decisione del Ministero sulle sorti della candidatura della Locride, abbiamo intrapreso un viaggio nelle realtà – nel campo dell’editoria, della musica e del cinema – che hanno fatto la storia della cultura del comprensorio per testarne lo stato di salute. E quello che ne è venuto fuori è una fotografia piuttosto lontana dall’immagine, legittimamente, patinata che la Locride ha messo sul piatto.
Chiuso per ignoranza
«Mi hanno cacciato, ho chiuso, e poi sono rimasto isolato, ignorato anche da chi, prima, non faceva altro che strusciarsi. Quando ho sentito questa storia della Capitale della cultura ho pensato che potesse aprirsi uno spiraglio e ho immediatamente inviato la mia proposta di adesione. Ma non mi hanno nemmeno degnato di una risposta. Forse dipende dal fatto che chi se ne occupa si intende più di colture che di culture».
Franco Pancallo è un’istituzione nel variopinto ventre culturale della Locride. Editore, libraio, provocatore intellettuale, fumatore accanito, per decenni la sua piccola casa editrice locrese è stata protagonista di scorribande intellettuali capaci di restituire al pubblico opere ormai dimenticate. Al suo certosino lavoro di ricerca si deve la ristampa del “Medicinarium”, opera ormai introvabile attribuita al filosofo delle utopie nato a Stilo nel XVI secolo, Tommaso Campanella.
«Sono riuscito, grazie ad un immigrato statunitense di terza generazione originario di Siderno, ad ottenere una copia della copia conservata nell’archivio di Stato di Washington. Era un disastro, ci è voluto un lavoro immane per venirne a capo ma il risultato ottenuto non fa che rendermi fiero». Un catalogo fatto di 500 titoli pescati nel passato glorioso della Locride, partendo dai fasti dell’epoca magno-greca: «Lo sa che la dieta mediterranea la inventarono i Locresi? Nel libro sulla storia di “Locri-Epizefiri” che abbiamo pubblicato qualche anno fa, c’è un intero capitolo sulla gastronomia del tempo estrapolato da documenti che noi abbiamo tirato fuori».
E poi le storie degli assedi saraceni del cinquecento alle città fortificate nell’entroterra, i diari degli scavi di Paolo Orsi a Locri e Kaulon: un catalogo fatto quasi
esclusivamente di inediti andato in fumo nel novembre del 2020, quando un incendio partito probabilmente dall’impianto elettrico di palazzo Nieddu del Rio – lo stesso palazzo in cui fu trucidato il vice presidente del consiglio regionale Franco Fortugno – distrusse l’intera sua produzione e minacciò da vicino la preziosissima biblioteca del comune (al cui interno sono conservati testi originali risalenti al ‘500) che in quelle stesse sale era ospitata.
«Dopo l’incendio mi hanno detto che dovevo andarmene per fare spazio ai lavori di ristrutturazione. Ho dato 45 anni della mia vita alla storia della Locride – racconta Pancallo – ho iniziato con il professore Carmelo Filocamo (lo storico “Fra Diavolo” anagrammista della Settimana Enigmistica) a mettere ordine nella biblioteca del comune negli anni 70, e da allora non mi sono mai fermato. Ho una laurea in giurisprudenza ma la mia vita sono sempre stati i libri. Ora ho chiuso, nel silenzio assordante dell’ignoranza. Mi ospita un’associazione di categoria, sono stati molto gentili con me. Mi hanno dato gratuitamente una scrivania e un posto in cui pensare ai prossimi passi. Dall’incendio di palazzo Nieddu si è salvato un hard disk con quasi il 90% delle opere, il resto purtroppo è andato perduto per sempre. Vorrei che il lavoro della mia vita non andasse perduto, c’è la nostra storia in quelle pagine. Sto pensando di creare una fondazione a cui donare l’intero catalogo e pensavo che la capitale della cultura potesse essere interessata. Non mi hanno neanche risposto».