Xante Battaglia apre per la prima volta ai giornalisti la sua house gallery di Gioia Tauro, scrigno ricco di opere d'arte in ogni stanza della biografia prestigiosa e del gusto mai banale del maestro. Già titolare della cattedra di Pittura all’Accademia di Brera, tuttora docente emerito in 7 università italiane, il suo domicilio nella città del porto non è affatto «un ritorno in Calabria», giacchè non ha mai reciso del tutto le sue radici dalla Terra da cui partì agli inizi degli anni ‘60.

«Da qualche anno – spiega – ci vengo sempre di più, ed è una scelta culturale precisa, visto che nella mia casa ho almeno 150 pezzi tra quadri e sculture, senza rinunciare alla mia idea di far conoscere a questo territorio quanto più possibile l’arte superba». Ha ancora casa a Pavia, città in cui di recente è stata pubblicata la sua ultima fatica – “Contro storia dell’arte contemporanea" - ma a Gioia Tauro ha voluto aprire anche una seconda galleria, questa volta sul corso principale. «Vedo la Calabria come il migliore paradiso europeo dell'anticonsumismo - argomenta - Terra piena di luce dove ancora è possibile spendere senza arricchire le multinazionali». Capofila italiano dei "graffi pittorici", gesti artistici lanciati a Milano sul finire degli anni '60, Battaglia crede che ancora oggi l'arte debba essere irriverente contro il potere di destra o di sinistra. Al suo rapporto con la Calabria tiene molto, sebbene sia il suo un rapporto di amore e odio tipico dei grandi calabresi come Leonida Repaci e Corrado Alvaro.

«È un popolo che ama l’approssimazione che è nemica della programmazione – aggiunge – da qui una certa predisposizione al fatalismo, ma il calabrese spesso ha anche dei complessi di inferiorità ingigantiti da una politica che gli ha fatto credere sempre che il Nord sia migliore in tutto». E proprio alla maggiore conoscenza dei mezzi di cui la Calabria dispone, spinge la scelta del maestro che – oltre a continuare ad essere disponibile nei confronti dei visitatori delle sue due gallerie calabresi - conserva ancora i ritagli di vecchi giornali che raccontano di vecchie mostre in cui, quando il porto di Gioia Tauro non era stato ancora ultimato, Battaglia auspicava l’avvento di un «calabrese capace di liberarsi tramite il lavoro e l’arte».