Che ne sarà del nostro patrimonio? La presidente di Fondazione Napoli Novantanove e nome di primo piano della scena nazionale, condivide previsioni e proposte sul futuro, quando anche la cultura tornerà a essere prioritaria
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Siamo in emergenza sanitaria. Siamo in emergenza economica. Siamo in emergenza psicologica. Siamo in emergenza sociale. Insomma, che non tiri un’aria da feste di piazza, lo si capisce sin troppo bene. Ma possiamo dire con cognizione di causa, di essere anche in emergenza culturale? Dipende.
La debacle del dato economico
I pessimisti, guardano alla debacle dei dati meramente economici, diffusi nei giorni scorsi da Antonio Tarasco, Direzione generale Musei del Ministero dei Beni culturali e del Turismo, che dimostravano una perdita netta di circa 20 milioni di euro al mese (fonte AgCult: "Nel 2019 i musei dello Stato hanno incassato 365 milioni di euro lordi, 355 dai luoghi della cultura che fanno capo alla Direzione generale Musei e altri 12 circa da luoghi che fanno capo ad altri soggetti (ad esempio le Soprintendenze). Dagli ottimisti, per fortuna, alcune considerazioni rincuoranti emerse dall'osservazione della rete e dei social, in materia di beni culturali.
La privazione del bello
Se è pur vero, difatti, che il distanziamento sociale ci ha privato del bello reale, del potere consolatorio dell'arte, di quel rimedio spirituale che nelle depressioni pre-coronavirus leniva l’inquietudine, tuttavia non si può parlare di emergenza culturale: perché gli stessi “gradi” di separazione, di assenza, di impossibilità e privazione hanno fatto radicare nei più un fortissimo senso di appartenenza. E quindi, di assenza.
La nostalgia del patrimonio
Per indovinare come mai questa improvvisa separazione dal patrimonio abbia trasformato i tiepidi italiani in paladini social del valore dell’arte, basterà andare a rileggersi la letteratura dei sentimenti, che da tempo ci ricorda come la contezza della perdita appaia dolorosa solo nell’attimo in cui il disponibile diventa proibito. Questo fenomeno, ripetutosi anche sui social, e mosso da novello “spirito identitario” a vantaggio del patrimonio artistico italiano, improvvisamente indispensabile, ci ha offerto l’opportunità di interpellare a proposito Mirella Barracco, Presidente della Fondazione Napoli Novantanove, membro del CdA del Museo Archeologico di Reggio Calabria e Presidente dell’Advisory Board dell’Archeologico di Napoli, nome di peso specifico notevolissimo nel mondo dell’arte e della cultura nazionale, e punto di riferimento per i principali attori culturali anche e soprattutto del Mezzogiorno.
L’arte che verrà dopo il coronavirus
È lei a tracciare una prima previsione su “l’arte che verrà”. Ovvero sulla “Nuova Vita”, come preferisce definirla, che attende al contempo noi ed il nostro patrimonio culturale, quando torneremo a fruirne liberamente. «Sono davvero impressionata da quanto si sta muovendo on-line - dichiara -, e dall’attenzione riservata anche sui social dalla infinità di centinaia di post, di video che Musei piccoli e grandi, ad esempio le campagne #iorestoacasa e #laculturanonsiferma del Mibact, Istituzioni culturali regionali, associazioni del volontariato hanno riversato in rete per aprirci le meraviglie che la chiusura ci impedisce di fruire e di godere» dichiara l’intellettuale, una vita passata tra Napoli e Camigliatello, sede del parco letterario Old Calabria, e residenza storica della famiglia.
L’Italia non dimentica
Confortante, insomma, constatare che la lontananza fa bene, e che gli italiani non dimenticano. Pur con i dovuti distinguo: «Sussiste, certamente, il problema dell’uso del digitale, che escludendo quella gran parte di appassionati che continuano a prediligere la fruizione tradizionale crea una disparità. Penso alle domeniche al museo, alla gratuità che ha reso l’arte, democraticamente, accessibile a tutti. E tra l’altro è lo stesso problema in termini di esclusione che riguarda l’insegnamento a distanza che si sta sperimentando in tutto il paese in queste ore, e che mostra le stesse criticità».
La tecnologia come terapia
Tuttavia, non è su queste criticità che bisogna ora soffermarsi. «Trovo sia opportuno ora sottolineare quanto, proprio in queste giornate difficili per milioni di persone, la tecnologia, in questo caso sia diventata quasi una terapia, potremmo dire con funzione anche educativa. Chissà se quando tutto questo sarà finito, il ricordo di tante belle immagini serviteci ad alleggerire la nostra angoscia, non ci siano di stimolo, in quella che sarà domani la "nuova vita", per voler andare a visitare realmente quei luoghi che abbiamo conosciuto virtualmente: come un ringraziamento a vecchi amici che ci sono stati vicini in un momento di bisogno».
La Calabria, dal MaRc a Locri
Sulla nostra Regione, dei distinguo doverosi. «Lei mi chiede della Calabria che conosco bene, sia per una lunga frequentazione familiare che come teatro delle attività della Fondazione Napoli Novantanove, impegnata con le scuole di tutta la regione per il progetto dell’adozione dei monumenti e, infine, dal 2015 come consulente del Museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria. Ho avuto la fortuna di vivere dall’interno i travolgimenti della riforma Franceschini e conosco bene i problemi che il MaRc ha dovuto affrontare prima di riuscire a governare l’autonomia. Questo Museo, a differenza degli altri 19 italiani, nasceva proprio in quel momento dopo una ristrutturazione durata anni. Attualmente, grazie al direttore, dopo i primi anni certamente difficili da un punto di vista organizzativo è una presenza riconosciuta e amata dal territorio. Lo stesso può dirsi per i tanti musei del Polo Museale regionale che, con enormi difficoltà, ma con impegno e entusiasmo stanno portano avanti diverse attività e, garantiscono la sopravvivenza stessa dei centri espositivi di territorio».
La politica, la visione
«Nella "nuova vita" che ci attende domani, la ripresa in questo campo, come in tutti gli altri, non sarà semplice. Dovremo unire tutte le forze, e fare sistema: amministrazioni comunali e regionali, Mibact: legando insieme beni culturali e turismo, dovremo contribuire alla riscoperta e valorizzazione delle tante meraviglie ambientali e culturali del nostro Sud».
Ricostruire dopo l'emergenza
«L’emergenza ci dovrà servire per darci l’esatta misura, quando tutto sarà passato, della sofferenza che è derivata dalla privazione dei luoghi della nostra cultura che sono anche e soprattutto i luoghi della nostra storia e della nostra identità. Lo slancio dei tanti volontari dovrà esserci da guida, essere il punto di partenza nella nostra “nuova vita”, alla quale dobbiamo iniziare a pensare sin da ora. Ripeto: le criticità che il distanziamento sociale ha fatto emergere, dovranno guidarci nelle soluzioni che adotteremo domani. Il punto di forza dal quale ricostruire, sarà la voglia di farlo insieme, mattone dopo mattone. Perché proprio di ricostruzione del tessuto sociale, si tratterà: e dovrà vederci tutti impegnati».