Le prime tracce di monaci basiliani in Calabria risalgono al VI-VII secolo. Ai nostri giorni restano opere architettoniche molto importanti, avvolte da misteri e intrise di fede, come l’Eremo di Sant’Elia Vecchio con il suo “gigante buono”.

Il monastero di Sant’Elia

Il monastero fu costruito nell’anno 1000 dai monaci basiliani provenienti dall’Armenia per rifugiarsi in preghiera e in solitudine, e di cui oggi rimangono imponenti ruderi con diversi ambienti dedicati alla vita monastica.

E tra gli ambienti meglio conservati, l’unico risulta essere un vano quadrato, il “Sancta Sanctorum”, sormontato da una cupola costruita intorno al 1600 così come testimoniano una treccia decorativa al suo interno e lo stemma dei Caracciolo e Loffredo, apposto sull’arco che collegava l’antica chiesa rettangolare di cui oggi rimangono solo le creste dei muri perimetrali.

Nelle vicinanze del monastero, in località “Corda”, si innalza il platano millenario, una pianta che ha 31 metri di altezza e 15 di diametro con radici che arrivano fino al torrente, un esemplare di “Platano Orientale” piantato probabilmente da un monaco del vicino monastero.

Il platano millenario

Il platano è una di quelle piante che sovente si ritrovano nella letteratura antica. Lo stesso Aristotele era solito passeggiare con i suoi discepoli all’ombra dei platani. Ed è credenza popolare che tagliare un platano porti una grande sventura, in particolare arrechi sordità all’uomo che causi danno a questa maestosa pianta. Sarà anche per questa forma di superstizione che, forse, questo albero è riuscito a vivere per oltre 1000 anni.