VIDEO | Elemosine, processioni e opere di carità per i detenuti. Sono solo alcune delle testimonianze documentali che consentono di non disperdere la memoria di usanze diffuse nella città dello Stretto durante il periodo pasquale
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L’Archivio di Stato di Reggio Calabria e le sezioni di Locri e Palmi, nel pieno rispetto delle restrizioni imposte dalla pandemia, restano aperti a chi studia e cerca memorie. Spulciare tra i vari fondi equivale a schiudere epoche che, attraverso atti e documenti, non si disperdono ma silenziosamente e sapientemente raccontano. Così accade per l’epoca borbonica della Reggio preunitaria, in cui l’Archivio di Calabria Ultra Prima nacque, istituito con apposita legge nel 1818 e inaugurato nel 1852.
I vari fondi, che in esso confluiscono, costituiscono un prezioso e ricco patrimonio comprendente pure atti di quotidiana amministrazione che giungono ai giorni nostri, in cui tutto è divenuto digitale, anche come fini opere calligrafiche. Tra questi anche importanti tasselli della nostra storia legati proprio alla Settimana Santa e ad alcune usanze diffuse in Città in attesa della Pasqua. «Qui conserviamo la nota delle spese sostenute dall'Amministrazione comunale per la celebrazione in Cattedrale di cerimonia dedicata alla Resurrezione, in occasione del Sabato Santo. Tale nota – ha spiegato l’archivista Fortunata Chindemi - riferisce delle spese per l’acquisto della cera, per il trasporto delle sedie in cattedrale per le autorità e per lo scoppio di mille mortaretti in piazza, la mattina di sabato».
Altre testimonianze documentali attestato il controllo esercitato dalla polizia per mantenere la sicurezza.
«Erano vietate le processioni negli orari pomeridiani e serali. Erano consentite solo al mattino. Tra i documenti che conserviamo, c’è la richiesta del priore della Congrega di Gesù e Maria che chiedeva all’Intendente di autorizzare la processione nel primo pomeriggio, visto che la mattina di Sabato Santo si sarebbe dovuta celebrare già la Resurrezione», ha spiegato ancora l’archivista Chindemi.
E ancora tracce di una comunità che nel momento della Pasqua molto si prodigava per avvicinare chi restava ai margini.
«Elemosine per i poveri e anche per gli accattoni erano riportate su un apposito registro. Conserviamo elenchi molto lunghi di persone indigenti sul quale, accanto ai nomi, era riportata la somma data. Abbiamo anche la testimonianza della generosità della famiglia Megali, proprietaria di un caldajo per cucinare pasta e carne e dell’intenzione di utilizzarla, anche in occasione di questa Festa, per offrire un pasto ai detenuti. Sono segni di un’economia solidale gestita e autorizzata dalla nostra Amministrazione comunale del tempo», ha concluso l’archivista Fortunata Chindemi.