VIDEO | “Malavuci”, secondo romanzo dell'autrice paolana, è stato selezionato tra le opere in corsa nell'ultima fase della competizione letteraria in programma in Puglia: «È già un riconoscimento prestigioso»
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Antonella Perrotta, scrittrice paolana già presente sul panorama editoriale calabrese e nazionale, con il suo romanzo “Malavuci” sarà tra i finalisti del premio internazionale “Nabokov”, che verrà assegnato a maggio a Novoli (Lecce).
«Malavuci è nato da un'immagine che mi è venuta in mente in una notte di vento – ha spiegato l’autrice parlando del libro – e l'immagine è quella di un paese che ricalca un po' i nostri paesi calabresi, quindi un borgo arroccato sulla collina con suoi vicoli, con le sue botteghe artigiane, con il suo Santuario Mariano, con il suo fiume e il suo mare, che in qualche modo riprende scorci del mio paese natio. In realtà il borgo è un luogo immaginario: San Zefiro; che porta nel nome il vento, che poi è un vento buono, che però sa anche farsi tempesta e diventa metafora del correre delle “malevoci”. L’opera nasce da un'immagine in una notte di vento, che quando soffia parecchio forte sembra proprio portare delle voci, delle grida. Quindi il romanzo inizia con dei toni ironici ma poi si trasforma purtroppo in dramma, che coinvolge una famiglia ma anche l'intera comunità del borgo».
Ambientato nel 1919, in un periodo storico immediatamente successivo alla Grande Guerra, passato alla storia come quello dell’epidemia denominata “spagnola”, il romanzo sembra ricalcare l’attualità vissuta ai nostri giorni, non soltanto per via di conflitti bellici e pandemia, ma anche per via di alcuni fenomeni , come quello della “profuganza”, che continuano a verificarsi oggigiorno.
«Nel libro si parla dei profughi trentini e giuliani – ha chiarito Antonella Perrotta – che percepivano all'epoca anche un sussidio (quasi simile al reddito di cittadinanza, ndr). Io lo sto portando un po' in giro, accompagnandolo con un reading particolare, che teatralizza la parola, con l'obbiettivo di farla arrivare maniera forte a tutti coloro che prendono parte alle presentazioni, nel corso delle quali sono accompagnata dalle note del maestro Antonio Grosso, artista che incarna uno degli esempi di “restanza calabrese”. Malavuci è la maldicenza, fra l'altro pronunciata con leggerezza, come fa chi si uniforma al pensiero comune, senza badare al peso che una parola può avere, soprattutto quando questa parola si rivolge nei confronti di persone che aprioristicamente vengono ritenute diverse soltanto perché si discostano dal sentire comune. Purtroppo questa parola fa male, può far male, può - come succedere libro - portare anche a delle conseguenze tragiche. D'altra parte, oggi assistiamo a fenomeni di bullismo e violenza che si verificano proprio a causa delle maldicenze, che oggigiorno corrono veloci, spinte dalla simultaneità dei i social. Il libro vuole far riflettere, soprattutto i giovani, sulle difficoltà cui sono esposte le persone colpite da questa voce, perché ci vuole coraggio anche a non rinnegare se stessi, ci vuole coraggio ad affermare una propria specialità, la propria tensione a discostarsi dal gregge. Ci vuole coraggio anche a patirne le conseguenze».
Entrando poi nello specifico della candidatura al premio “Nabokov”, la Perrotta si è detta sorpresa: «Essere tra i finalisti – ha spiegato – è già di per sé un riconoscimento prestigioso, e visto che non so come andrà a finire, per il momento mi godo la soddisfazione di esserci, anche perché avrò l’occasione di parlare di Malavuci in un contesto prestigioso, dove a tutti i finalisti è data la possibilità di parlare del proprio lavoro».