VIDEO | Un team dell'Università Federico II di Napoli è al lavoro nel territorio di Caria, frazione di Drapia. Qui, tra il 1922 e il 1923 il celebre archeologo Paolo Orsi portò alla luce circa trecento tombe
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Si torna a scavare a Torre Galli, cento anni dopo, alla ricerca di tracce dal passato, per capire come si viveva e soprattutto quali erano le tecniche di sepoltura qualche millennio fa. Siamo a Monte Poro, nel territorio di Caria, frazione di Drapia. Qui, tra il 1922 e il 1923 il celebre archeologo Paolo Orsi portò alla luce una necropoli risalente all’Età del Ferro. Oltre trecento sepolture, la maggior parte databili tra la fine del X e il IX secolo a. C. e le altre nel VI a. C. . Altri scavi erano stati effettuati sul finire degli anni Settanta dalla Soprintendenza e ora, a partire dal mese di settembre, una nuova campagna è stata avviata dall’Università Federico II di Napoli.
Non è in realtà la prima volta che il professore Marco Pacciarelli – docente di Preistoria e Protostoria all’ateneo partenopeo – e il suo team sono a lavoro a Torre Galli. Già una decina di anni fa erano stati qua e ora puntano a cavare ancora più segreti dall’antica necropoli.
E in effetti la squadra di archeologi napoletani, sotto la direzione scientifica di Pacciarelli e di Francesco Quondam, ha già riportato alla luce oltre 30 nuove sepolture. «Questo nuovo ciclo di scavi ha l'obiettivo di ricollegarsi alle ricerche di Paolo Orsi e di andare oltre vagliando nuovi aspetti che cento anni fa non potevano emergere adeguatamente. Oggi noi grazie alle moderne tecnologie possiamo fare passi avanti, per esempio sull'individuazione del tipo di sepoltura: abbiamo trovato tracce di legno, quindi pensiamo usassero delle casse e che i corpi non venissero adagiati nella nuda terra», spiega Pacciarelli ai microfoni di LaC.
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