La Rai ha dedicato una miniserie al capolavoro letterario ambientato durante la Seconda guerra mondiale, nell’Italia delle leggi razziali. La maestra Ida Ramundo, vedova Mancuso ed ebrea per parte di madre, è nata al Sud. Ecco come le sue origini venivano descritte nel romanzo
Tutti gli articoli di Cultura
PHOTO
«Iduzza, figlia mia, leggerai questa lettera quando sarò già lontana. Sta arrivando al buio, lo vedi? La gente è ammattita. C'è un popolo che è sempre stato odiato: gli ebrei. Adesso "quello" dice che non possono più insegnare, lavorare, andare a scuola, vivere. Faranno un censimento di tutti gli ebrei, come si fa con le bestie. Io ormai sono in pensione, non ho più scolari e tu di Ninuzzo siete lontani. Che ci faccio qui? Mene vado. Me ne vado. Ho paura. La persecuzione si accanirà sempre su di noi. Non c’è scampo. Dico noi, Iduzza, perché è arrivato il momento di svelarti il nostro segreto: tu sei ebrea, come me. Io te lo nascosi. E adesso sono in pace perché ti ho battezzata, ti ho messo in salvo. A te e a Nino tuo».
Si apre con questa struggente lettera scritta da Nora Amagìa (interpretata da Antonella Fattori) alla figlia lontana Ida (Jasmine Trinca), in un momento buio della nostra storia, la serie Rai ispirata al capolavoro letterario di Elsa Morante "La Storia", tra i cento migliori libri di tutti i tempi. Esso è ambientato a Roma. Tutto inizia durante la Seconda guerra mondiale, nell’Italia delle leggi razziali.
Le Storie dentro la Storia
Scrittrice, saggista, poetessa e traduttrice, tra le più importanti del secondo dopoguerra, Elsa Morante, romana, fu la prima donna a vincere il Premio Strega nel 1957 con il romanzo "L'isola di Arturo". Figlia di Irma Poggibonsi, maestra elementare ebrea, e di Francesco Lo Monaco, fu poi allevata e riconosciuta da Augusto Morante.
Pubblicato nel 1974 con i caratteri di Einaudi, dopo una stesura impegnativa durata tre anni, con la regia di Francesca Archibugi, il romanzo storico, discusso e criticato ma anche un grande successo editoriale, oggi torna in tv a distanza di quasi 40 anni dallo sceneggiato diretta da Luigi Comencini con l'interpretazione di Claudia Cardinale. Stasera in prima serata su Rai Uno le nuove puntate della serie ispirata al romanzo storico e che muove i primi passi dalla Calabria, da Cosenza.
«Della Cosenza di Iduzza non posso che ritrarne una figura imprecisa, attraverso le memorie dei morti. Credo che già fin da allora, intorno alla città medievale che cinge la collina, s’andassero estendendo le costruzioni moderne. In una di queste, infatti, di un genere modesto e ordinario, si trovava l’angusto appartamentino dei maestri Ramundo(…)», scrive Elsa Morante.
La Calabria crocevia di storie
A Cosenza, dunque, pur senza conoscere la nostra terra, Elsa Morante ascrive le origini della sua protagonista, Ida Ramundo, vedova Mancuso. La Calabria è vista da Elsa Morante come terra lontana, nella quale ci si ritrova a fare i maestri ma anche dalla quale si emigra, come ha fatto Ida. È anche la terra in cui il pensiero anarchico è stato coltivato.
Ida, per un errore di anagrafe poiché i genitori avevano per lei scelto Aida, vive a Roma, lontana dalla madre Nora che dalla sua casa al Sud, spinta dal terrore per quanto sta per abbattersi sugli ebrei, le scrive un'ultima lettera per rivelare una verità divenuta improvvisamente scomoda e pericolosa. Poi esce di casa e in preda alla disperazione prende un treno per Paola. Certa di avere salvato con il Battesimo la figlia Ida e il nipote Nino, avrebbe voluto imbarcarsi per raggiungere la Palestina e lì, con il popolo ebraico, mettersi in salvo. Sulla spiaggia bagnata dal Tirreno, tra Paola e Fuscaldo, il suo corpo viene ritrovato esanime. Così a Cosenza e a Paola, in Calabria, finisce la storia di Nora e inizia "La Storia" scritta da Elsa Morante.
Le origini calabresi descritte nel romanzo
«Ida era nata nel 1903 - scrive Elsa Morante ne "La Storia" - sotto il segno del Capricorno, che inclina all'industria, alle arti e alla profezia, ma anche, in certi casi, alla follia e alla stoltezza. D'intelligenza, era mediocre; ma fu una scolara docile, e diligente nello studio, e non ripeté mai una classe. Non aveva fratelli né sorelle; e i suoi genitori insegnavano tutti e due nella stessa scuola elementare di Cosenza, dove s'erano incontrati la prima volta. Il padre, Giuseppe Ramundo, era di famiglia contadina, dell'estremo sud calabrese. E la madre, di nome Nora Almagia, una, padovana di famiglia piccolo-borghese bottegaia, era approdata a Cosenza, ragazza di trent'anni e sola, in séguito a un concorso magistrale. Agli occhi di Giuseppe, essa rappresentava, nei modi, nell'intelletto e nella forma, qualcosa di superiore e di delicato.
Giuseppe, di otto anni piú giovane della moglie, era un uomo alto e corpulento, con le mani rosse e tozze, e la faccia grande, colorita e piena di simpatia. Da bambino, per disgrazia, un colpo di zappa lo aveva ferito a una caviglia, lasciandolo leggermente storpiato per tutta la vita. Invalido a certi lavori della campagna, la sua famiglia di poveri dipendenti s'era arrangiata a farlo studiare (...). Non saprei come né dove, aveva scovato certi testi di Proudhon, Bakunin, Malatesta, e altri anarchici. E su questi aveva fondato una sua fede ostinata, però sprovveduta, e obbligata a rimanere una sua propria eresia personale». Così scrive ancora Elsa Morante ne "La Storia".
Nora, dunque, era finita al Sud per insegnare. Era maestra elementare ebrea, come lo era la madre di Elsa Morante. Suo marito, Giuseppe Ramundo, invece era un calabrese di origini contadine, ed era un anarchico. Anche il pensiero anarchico che si affaccia in questo spaccato storico, che dal Fascismo attraversa la Resistenza per poi arrivare al Secondo dopoguerra e superarlo, ha reso questo romanzo tanto discusso quanto specchio della complessità di un'epoca ancora oggi da approfondire.
Anche Ida è maestra elementare ma è pure una giovane vedova a Roma. Suo figlio Nino, adolescente ribelle alla fine degli anni Trenta, subisce il fascino delle camice nere e del Regime fascista per poi passare dall'altro lato della storia e scegliere di servire con fervore e coraggio il proprio Paese nelle fila della Resistenza. Un'esperienza fortemente simbolica della complessità di ogni guerra che, in fondo, mai finisce per le lacerazioni che genera e in cui il confine tra eroi e antieroi non è mai netto.
Ida, calabrese, madre, maestra ed epica protagonista
Stuprata durante la guerra da un giovane soldato tedesco, Ida dà alla luce Giuseppe, chiamato Useppe. Ecco che un nuovo segreto si annida nella sua vita dove resta immanente il suo incrollabile amore di madre. Davanti agli occhi azzurri di Useppe si snoda l'intreccio inestricabile tra la Grande e la Piccola Storia di cui lui stesso è frutto e di cui Ida, con tutta la sua esilità e magrezza, diventa una epica protagonista.
La violenza sulla popolazione civile, le esistenze rubate ai giovani soldati costretti a imbracciare le armi, la devastazione seguita ai bombardamenti e la vita in povertà nel quartiere romano di San Lorenzo e al Testaccio. Poi la casa degli sfollati a Pietralata e il buio del rastrellamento del ghetto ebraico il 16 ottobre 1943. La Storia scorre anche nelle alture romane, dove la Resistenza si difende dagli occupanti tedeschi. Tutto scorre davanti agli occhi di Useppe.
Ida è gracile e impaurita dal mondo ma è capace di tirare fuori tutta la forza che occorre per amare, proteggere e difendere i suoi figli. La storia si "è abbattuta" su di lei, l'ha scossa ma non l'ha mai sopraffatta, nonostante la paura, nonostante la violenza, nonostante la fame, nonostante la minaccia di una persecuzione che, per le origini della madre, non avrebbe risparmiato la vita dei suoi figli e la sua. Il suo coraggio è inconsapevole ma per questo autentico e incrollabile. Quella violenza è silente. Soccombe all'Amore.
La ninna nanna e l'eco della Calabria
«Dormite occhiuzzi, dormite occhiuzzi che domani andiamo a Reggio a comprare uno specchio d'oro tutto pittato di rose e fiori. Dormite manuzze, dormite manuzze che domani andiamo a Reggio a comprare un telarino con la navetta d'argento. Dormite pieduzzi, dormite pieduzzi che domani andiamo a Reggio a comprare le scarpettelle per ballare a Sant'Idarella». Ecco la ninna nanna intonata dal padre Giuseppe a Iduzza in Calabria. Anche il nome della città di Reggio, come le tradizioni orali calabresi risuonano nelle pagine di Elsa Morante che inizia il suo percorso di scrittrice proprio scrivendo favole e filastrocche.
Elsa Morante, tra le più grandi narratrici del '900
Moglie di Alberto Moravia, da cui si separa nel 1962, Elsa Morante conosce frequenta intellettuali come Pier Paolo Pasolini, Umberto Saba, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani, Sandro Penna ed Enzo Siciliano. La sua vita si intreccia con l’Italia Meridionale verso la fine della seconda guerra mondiale. Per sopravvivere alle rappresaglie dei nazisti, con il marito Alberto Moravia, di padre ebreo e antifascista lascia Roma ormai occupata e si rifugia a Fondi, un paesino in provincia di Latina. Un'esperienza che ispira Moravia per il celebre romanzo "La Ciociara", dal 1960 anche un film diretto Vittorio De Sica, con la sceneggiatura scritta a quattro mano con Cesare Zavattini, e la monumentale interpretazione del premio Oscar Sofia Loren.
Elsa Morante vince il premio Viareggio nel 1948 con "Menzogna e sortilegio" (Einaudi), pubblicato anche negli Stati Uniti con il titolo "House of liars", e del premio Strega nel 1957 con "L’isola di Arturo", di cui Damiano Damiani nello stesso anno dirige il film.
Il suo ultimo romanzo "Aracoeli", pubblicato nel 1982. Già da qualche anno, dopo una caduta che le aveva causato una frattura al femore, era iniziato il declino fisico poi gravato dalla malattia. Elsa Morante muore d'infarto all'età di 73 anni, nel 1985.