I Minimi di Paola hanno avuto un ruolo fondamentale nella diffusione della bevanda determinando anche la nascita di una delle aziende più famose del settore
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Cosa ha a che fare la birra con la Calabria? Apparentemente niente. Eppure, scavando nei meandri della storia, sembra che la punta dello Stivale abbia avuto un ruolo fondamentale nella diffusione della bevanda bionda nel mondo, contravvenendo in parte alla stessa definizione usata dagli antichi greci per indicare la regione - Enotria, terra del vino – e alimentando quel senso di orgoglio tipico dei calabresi, sempre ben felici di figurare nei passaggi importanti della storia dell’umanità.
San Francesco di Paola
La diffusione della birra, conosciuta sin dai tempi dell’antico Egitto, visse un momento cruciale nel periodo medievale, quando i monaci trappisti la producevano in abbondanza per consumo interno ai monasteri, soprattutto nel periodo di digiuno della Quaresima, visto l’alto contenuto calorico della bevanda.
Proprio in questo frangente entrò in causa la Calabria, perché, sulla scorta delle indicazioni fornite da San Francesco di Paola prima della morte, l’ordine dei Minimi da lui fondato cominciò a espandersi in tutta Europa e arrivò anche in Baviera, dove è attestata la fondazione di un monastero nel 1627, su richiesta esplicita del re Massimiliano I. Qui i religiosi cominciarono a produrre la birra, la cui ricetta, secondo alcune fonti, sarebbe stata codificata proprio a Paola dopo esservi giunta grazie ai monaci copti d’Egitto.
I Paolani
Al 24 febbraio 1634 risale invece la prima menzione ufficiale del birrificio del convento, dove i “Paolani” - come venivano indicati i seguaci di San Francesco dai bavaresi – producevano una birra che sarebbe divenuta una delle più famose al mondo: la Paulaner (da Paolani, appunto).
La birra del peccato
Sulla nascita di questa particolare variante esiste anche un curioso aneddoto: per avere maggiore vigore durante il digiuno quaresimale, i frati producevano una birra molto calorica e alcolica, talmente buona da far sorgere qualche dubbio agli stessi consumatori sull’opportunità di berla senza commettere peccato. Decisero così di inviare un campione al Papa per averne un parere. Durante il viaggio fino a Roma, però, il liquido andò a male e arrivò al cospetto del Pontefice in pessime condizioni, tanto da spingerlo a credere che una bevanda dal sapore così cattivo dovesse avere necessariamente delle ottime qualità purificatorie. Diede così il suo placet alla produzione che proseguì a pieno ritmo per la gioia dei frati che, successivamente, cominciarono a distribuirla anche ai fedeli accrescendone e diffondendone la fama.
L’Oktoberfest
In epoca napoleonica, con la soppressione degli ordini religiosi, il convento fu chiuso ma la produzione continuò finendo in mano ai privati che decisero di mantenere il nome originario di Paulaner e lo portarono fino ai giorni nostri facendolo diventare un colosso mondiale, al centro, tra l’altro, della festa della birra per eccellenza: quell’Oktoberfest motivo di orgoglio per il popolo bavarese. E, perché no, anche per quello calabrese.