Sono toni trionfali, quelli con i quali il deputato calabrese del M5S Alessandro Melicchio, membro della Commissione Cultura alla Camera, annuncia l’arrivo, in Calabria, di 4 milioni 289 mila euro per restauro e tutela del patrimonio culturale. Non molti, anzi, un quarantacinquesimo dei 180 milioni di euro destinati dal Ministero per i beni e le attività culturali al patrimonio culturale italiano, dove sono ben 595 gli interventi finanziati, di cui solo 33 in Calabria. Ma tant’è…

Un quarantacinquesimo dei fondi nazionali

Bene utilizzati, sarebbero comunque una mano santa. Ma a ben guardare  il programma biennale del Fondo Tutela del MiBAC approvato dal Ministro Alberto Bonisoli prevede, sì, degli interventi consistenti: dove, tuttavia, iniziano a piovere le prime perplessità. Vediamo nel dettaglio. «Nell’ambito delle annualità 2019-2020 -  dichiara il pentastellato - le cifre più significative destinate alla nostra regione vanno sono  all’ex Collegio dello Spirito Santo di Vibo Valentia (un milione e 235 mila euro), al Museo e Parco Archeologico di Scolacium (400 mila euro), alla chiesa di Santa Maria Neve a Tropea (300mila euro), a Locri per il Parco Archeologico (265mila euro) e a Mileto per il Museo Statale (260mila euro)».

Il dettaglio regionale

Altri interventi, prosegue la nota, sono previsti a Cosenza, Biblioteca Nazionale e all'Archivio di Stato; a Catanzaro per l'ex Mattatoio Comunale, a Reggio Calabria all'Archivio di Stato e alla Chiesa di Santa Maria Annunziata degli Ottimati e ancora a Vibo Valentia nell'area archeologica di S. Aloe e al Castello di Bivona. Si completerà il restauro anche della chiesa matrice di Stilo con 185mila euro, come pure sono destinati 190 mila euro al Museo Archeologico Nazionale di Sibari, 150 mila al Teatro Romano a Marina di Gioiosa e 100 mila al Complesso San Fantino a Palmi. Altri fondi sono previsti per il Museo e Parco Archeologico di Medma a Rosarno, per il Parco Archeologico di Mileto Antica, per la Villa romana del Naniglio a Gioiosa Jonica e a Roccella, per il convento dei Padri Cappuccini e per il consolidamento e restauro dei dipinti su tela dell'Immacolata Concezione e di San Giuseppe.

La farsa del Castello di Bivona

Ma se per Melicchio «tutto questo dimostra un’attenzione forte da parte di questo governo al patrimonio culturale della nostra regione», altri sottolineano la necessità di valutare meglio la destinazione delle risorse. Specie quando sono dirette a mettere una pezza ad uno dei recuperi più fallimentari della già imbarazzante situazione calabrese relativa alla conservazione dei beni culturali, come per il Castello di Bivona, che, insieme al Museo delle Tonnare, posiziona la capacità progettuale al centro della scena di una tragicomica pantomima. Che, non fossero da piangere lacrime amare, farebbe sganasciare dalle risate.  

Fondi sprecati, ed ora la beffa

Una delle voci più accorate nel denunciare il dramma del malcostume, (l’archeologia della rimozione identitaria, per dirla con le sue parole), è lo storico locale ed artista Antonio Montesanti. L’ultima presa di posizione, è proprio sul Castello di Bivona. «Tempo fa – dichiara - il Castello di Bivona venne recuperato con ingenti somme europee, con un progetto che tra l'altro comprendeva la realizzazione di un impianto di videosorveglianza. Successivamente, un nuovo impianto di videosorveglianza - prosegue lo storico - è stato  realizzato, poi rotto, ri-realizzato e collaudato con altro finanziamento legato al parco archeologico. Lo stesso Castello ha ora ottenuto un nuovo finanziamento dal Mibact... indovinate per cosa? ovviamente per la videosorveglianza! Per l'amor di Dio – ironizza infine Montesanti - il numero dei fruitori del monumento (la cifra ruota sempre intorno lo zero, perché è sempre in abbandono) impone questa scelta, pena il suo degrado. Ma la domanda è: quale logica contorta sovraintende a simili richieste di valorizzazione?».

Le reazioni sui social

Lanciato sui social,  questo appello ha provocato e sta provocando più d'una reazione scandalizzata. Ecco qualche commento: «Spine, canne, cancello chiuso, nessun cartello informativo che indichi il castello... orari? Telefono?». E ancora: «Se un luogo ristrutturato consolidato non lo si 'vive', ritorna nell'abbandono: serve  sinergia tra gli abitanti e chi ci amministra, progettualità a lungo termine e tanta tanta passione. Un esempio positivo è  Maria Caterina Pietropaolo, e come il museo a Zungri nel Vibonese» . Infine, il giudizio tranchant: «L'oro del sud nelle mani di... Imbxxxlli!!!».
Imbecilli o meno, il Castello, talmente sommerso dalla vegetazione spontanea da vivere da anni in un povero isolamento, sconosciuto alla maggior parte della popolazione locale, e pure a poche decine di metri dall’arenile, rappresenterebbe in molte parti del globo terraqueo fonte di attrattiva, guadagno, e soprattutto orgoglio cittadino. Ma si sa. La roba del padrone, è bravo chi la brucia. E il concetto di bene comune, cittadinanza attiva, condivisione, in questa parte di mondo, tarda davvero troppo ad arrivare.