Nella lettera, monsignor Satriano parla di innumerevoli violenze subite dai cittadini e dal territorio da lui spiritualmente amministrato: «Atti ignominiosi offendono e sporcano la nostra storia»
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«Nell’indifferenza di tanti, ci stanno “bruciando vivi”. Dall’inizio dell’anno, nel nostro territorio diocesano, non si contano più gli attentati incendiari ad auto e negozi, uniti ad atteggiamenti di sopruso». È la denuncia dell'arcivescovo di Rossano-Cariati, Giuseppe Satriano.
«In questo tempo delicato, e segnato da tanto dolore, si è giunti - dice monsignor Satriano - anche a minare la sicurezza di un giornalista, a vandalizzare una casa canonica isolata, a far annegare la speranza in un mare di fuoco a chi intravedeva la possibilità di risollevarsi dopo un lungo tempo di lockdown. Diversi sono i mezzi dati alle fiamme durante la notte… Vergogna! Sento il bisogno di gridare - continua - per squarciare una coltre di silenzio, in cui fermenta la vigliaccheria di coloro che pugnalano alle spalle la vita dei singoli e di una collettività».
L'arcivescovo ricorda che sono le sacre scritture «a denunciare con forza che chi semina vento raccoglie tempesta. In nome di Dio e di ciò che avete di più caro, vi chiedo di fermarvi - afferma - e di ritornate sui vostri passi per vedere il male seminato. Non fruttificherà soddisfazione per nessuno, ma solo dolore. Ravvedetevi da questi crimini che gridano vendetta al cospetto di Dio e abbiate il coraggio di cambiare vita. Pertanto, desidero attestare la mia vicinanza a tutti coloro che hanno subito tali attentati e alle forze dell’ordine che, su questo fronte, sono sempre pronte a mettere in gioco la propria vita».
Per monsignor Satriano, «gli episodi, non più isolati, stanno assumendo i contorni di un fenomeno che si espande, in un territorio che è già martoriato e sopraffatto da una infinità di problemi, e che meriterebbe, invece, di essere tutelato, incoraggiato e accompagnato verso traguardi di civiltà e di progresso concreto. La nostra comunità, che è impegnata con dignità ad affrontare questo terribile momento di pandemia, ha bisogno - dichiara - del sostegno e della vigilanza indispensabile di tutte le istituzioni. Con la chiusura del tribunale, il nostro è diventato un territorio di frontiera in cui la sola forza dei cittadini non basta a fermare questi atti ignominiosi, che offendono e sporcano la nostra storia e la nostra tradizione».
L'arcivescovo fa un appello «alla coscienza di ciascuno e al senso civico di ogni cittadino perché si possa - scrive - insieme alle istituzioni preposte, prendere posizione, organizzarsi e denunciare chi cerca di intimidire e paralizzare il desiderio di un riscatto sociale. Solo così potremo coltivare semi di speranza che fruttifichino rinnovate opportunità di vita per i nostri figli. Esorto me e tutti noi - conclude - a non cadere in quella banalità del male a cui il silenzio dei giusti può spesso condurre, legittimando illegalità e criminalità. Dovremmo trovare la forza di riscrivere le regole del vivere sociale, liberando questa nostra terra da tumori così devastanti, partendo da una rinnovata capacità di essere comunità civile, guardando non solo ai nostri miseri interessi, ma al bene comune di tutti».