Ibrahim Diabate si è salvato dal ghetto di Rosarno, e come leva verso l’attuale integrazione – che gli ha dato una casa, un lavoro e un servizio come volontario - ha trovato anche la poesia. Prima bracciante, oggi mediatore culturale, il ragazzo ivoriano ha un rapporto con la scrittura sin da quando era in Africa – “praticamente da sempre”, spiega – e nei suoi testi parla d’amore ma anche delle ingiustizie nella società.

Ibrahim ha abitato per 8 anni nei casolari di campagna nella Piana di Gioia Tauro, e oggi spiega che «questa situazione di stenti, nella mia poesia, diventa un invito a non arrendersi, a pensare inoltre che nella vita ci sono tante cose sbagliate». A lui l’ispirazione viene la notte, «quando tutto è più calmo» dice, ma è «durante il giorno che – spiega – quando posso mi fermo e scrivo appunti che poi svilupperò».

Il migrante poeta lavora in un progetto della Federazione delle chiese evangeliche italiane, ed è pure un volontario della Croce rossa, oggi abita in una casa di Rosarno e ha un sogno: «credo che sia il momento di pubblicare queste opere – conclude – per far capire che la poesia si può intrecciare con la sete di rivolta contro ogni ingiustizia». Vuole realizzare il suo sogno e cerca aiuto per farlo.