VIDEO | Il ricco patrimonio documentale racconta le elezioni Amministrative, i comizi organizzati prima del Referendum e dell’impegno politico delle donne. La direttrice Maria Fortunata Minasi: «Erano particolarmente attive»
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Dal 1946 l’Italia è una Repubblica. Una scelta che fu anche delle donne, al primo voto politico il 2 giugno in occasione del Referendum Monarchia – Repubblica e che già avevano esercitato il diritto nel marzo precedente in occasione delle elezioni amministrative, quando poterono anche candidarsi. Il riconoscimento del Suffragio Universale era avvenuto già nel 1945.
L'attivismo delle donne
«I documenti raccontano di un particolare attivismo delle donne tanto in campagna elettorale per le Amministrative, quanto in vista del Referendum», ha sottolineato Maria Fortunata Minasi, direttrice dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria, attivo anche in pandemia nonostante una persistente e progressiva carenza di personale, e dove è ormai permanente la mostra di pannelli allestita nel 2016, per celebrare il mezzo secolo del voto delle Donne.
Quel voto appena riconosciuto e neppure ancora esercitato, attestano alcune fonti documentali, era già bersaglio di tentativi di condizionamento. Un’informativa del questore, sempre custodita nel fondo della Prefettura, rivela che il 1 marzo 1946 «gli esponenti locali dei partiti di Sinistra e in particolare i Comunisti stigmatizzarono che alcuni ministri di culto e anche il vescovo di Oppido Mamertina si occupavano di politica al punto da avere intimato alle donne di votare la Democrazia Cristiana alle elezioni amministrative, pena il rischio di scomunica», ha sottolineato la direttrice Minasi.
L'anno 1946
Nel 1946, dunque, anche nel reggino le donne iniziarono a popolare le liste elettorali, come avvenuto, per esempio a Palmi, a Gioiosa Ionica e a Reggio Calabria dove Maria Mariotti fu eletta come consigliera comunale nella lista della Democrazia Cristiana, la prima nella storia amministrativa del Comune di Reggio Calabria. Un impegno il suo che, come quello di altre donne, fu poi profuso anche nell’attività politica in favore della Repubblica in vista del referendum e dell’elezione dell’Assemblea Costituente, che avrebbe scritto la Costituzione entrata in vigore nel gennaio del 1948. Maria Mariotti, già consigliera comunale di Reggio Calabria appena eletta, si candidò per farne parte ma non fu eletta. Tra le sole 21 donne (su 556 eletti) della Costituente nessuna era calabrese.
Il 23 maggio 1946 la stessa tenne un comizio nella sala del Palazzo Provinciale di Reggio, proprio in qualità di candidata all’Assemblea Costituente. A suggellare l’arrivo delle donne sulla scena pubblica anche un altro documento risalente ad un comizio in piazza Camagna del 20 maggio 1946. «Il questore Pietro Maria Maira comunicò al prefetto Francesco Aria che la professoressa Gemma Russo, dell’Udi aveva messo in evidenza i sacrifici delle donne italiane durante l’occupazione Nazifascista e che, rimarcando la vocazione prettamente repubblicana dell’Udi, aveva invitato il pubblico a votare per la Repubblica. Era stato allora che un gruppo di monarchici aveva cominciato a fischiare, richiedendo l’intervento della forza pubblica per allontanare i disturbatori», ha raccontato la direttrice Maria Fortunata Minasi.
A Reggio vinse la monarchia
Il comizio di una donna Repubblicana, dunque, incastonato, come informa il questore dell’epoca in apposito documento, tra due comizi in piazza Italia a Reggio in cui, invece, si invitava il pubblico a votare per la Monarchia. Si trattava dell’avvocato Vincenzo Costa dell’Unione Nazionale Democratica e del grand’ufficiale Vittorio Mezzatesta del partito dell’Uomo Qualunque.
I documenti, custoditi all’Archivio di Stato, dunque, testimoniano una certa vitalità in vista del Referendum che di lì a breve avrebbe avuto luogo con un responso reggino in controtendenza rispetto al dato nazionale. A Reggio, infatti, vinse la Monarchia con una percentuale di poco più del 60%. Con un’affluenza che per un soffio non ha toccato il 90 %, in Italia scelsero la Donna Turrita oltre 12 milioni (12 717 923) di italiane e italiani. Una percentuale che di poco superò il 50% dei voti validi. Per la Monarchia a sbarrare sulla scheda elettorale lo Stemma sabaudo furono poco più di 10 milioni (10 719 284) di italiane e italiani.
Molto significativa anche la comunicazione del questore che predispone l’ordine pubblico in occasione del comizio a piazza Duomo a Reggio Calabria di Alcide De Gasperi, ultimo presidente del Consiglio dei Ministri del Regno Italia, che poco dopo sarebbe diventato il primo capo di Governo della nascente Repubblica Italiana.