La sua ultima mostra a Tropea, protagonisti il sacro e il profano. «Nella mia arte troverete solo il vostro ultimo gesto, qualsiasi esso sia»: ecco le sfide e le provocazioni del pittore originario di Cotronei
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«Non dipingo per farmi dire quanto sono bravo, so di esserlo, so quanto funziona la mia arte perché si imbatte con le vostre paure e le vostre incertezze, se volessi regalarmi un po’ di narcisismo mi farei chiamare artista e parlerei di questo mestiere in maniera aulica e romantica, mi farei applaudire le mani e andrei a dormire convito di aver fatto stare bene qualcuno. Non è quello che voglio, non credo che l’arte sia meglio di un buon libro, di cose che si sanno già, non credo negli artisti che vivono la loro dimensione astratta, nel loro mondo, nelle loro malsane ideologie da cui partono le opere o quadri. Dipingo e basta. Tanto alla fine quello che vale, quello che serve è esistere nel tempo».
Giuseppe Barilaro è tornato ad esporre in Calabria dopo i successi nel Nord Italia, in Cina, in Iran. A raccontare bene l'artista di Cotronei è Ottavio Porto che accompagna Barilaro in un percorso espositivo che ha raccolto grandi consensi in tutt'Italia: «Tre grandi protagonisti di questa mostra: Intimismo, Sacro e Profano. Barillaro colloca i protagonisti in una posizione che ricorda quella dei santi nelle pale degli altari. Ognuno attraverso la propria proiezione può trovare qualcosa di proprio in aggiunta al senso dato dall'artista. Le opere sono suggestive, quasi violente. Sembrano nascondere segreti, misfatti. Non si rimane indifferenti e la suggestione é amplificata dalle importanti dimensioni delle opere medesime».
Barilaro crea le sue opere, per poi "distruggerle" dandogli nuova vita. Lavora con le pitture ma anche e soprattutto con il legno ed il fuoco. Ed è schietto e franco nello spiegarsi: «Avete mai dipinto togliendo la pelle ai vostri quadri, scrivendo cancellando? Vi siete mai presi cura di qualcosa o qualcuno e siete stati voi i boia dell’ ultimo giorno sulla terra? Amare il tempo e consacrarne la fine attraverso delle azioni cattive. Più che una cosa intima, un tumulto di inquietudine terminata con l’azzeramento di ogni singola forma. Mi chiedo cosa c’è dietro un quadro e cosa stiamo cercando dall’altro. Nella mia arte troverete solo questo, il vostro ultimo gesto, qualsiasi esso sia».
La mostra di Tropea, curata da Emanuele Bertucci, è di superba bellezza. Ogni quadro tiene dentro di sé un segreto, alcuni vogliono essere esplicati, risvegliati, portati in vita. Altri hanno il diritto di rimanere nell’oblio, negli abissi più profondi del mistero per far emergere il fascino dell’ignoto, spesso però, davanti ai cancelli del buio, chi ha dipinto ha visto bene tutto.
Barilaro racconta: «Da quando dipingo mi rendo conto che le immagini hanno paura di uscire e presentarsi al mondo, voglio scappare però, nessun pensiero o parola è a tutela dell’immagine. I critici ci provano, qualcuno ci riesce, altri cercano di trovare le parole, ma la verità è che un opera è avvolta dal mistero, come dal mistero è avvolta la creazione dell’essere umano, convincersi di dire il giusto è un passo fondamentale, illudersi che la verità sia data vuol dire stare bene. Questo funziona con altri lavori però, non con l’arte. Non con la mia arte».
A Tropea, Barilaro è stato con Pupi Avati. La prof.ssa Antonella Pascuzzo parla di Barilaro che «con la sua arte è la nota stonata, il colore fuori tinta, la virgola messa a casaccio in una frase, ma compone una lirica chiara e significativa. Sbriciolati, ricomposti, feriti, ma guariti e perdonati. Tutto questo rende più resistenti, lasciando intatte anche le fragilità, da proteggere e difendere con muri di silenzi ed ironia, sorridendo della grettezza di tanta gente».
L’artista ci invita a partire da noi stessi, perché è la chiave che apre la porta della propria riconoscibilità come esseri senzienti e culturalmente elevati, per distinguerci dall'uomo comune.
Giuseppe Barilaro laureato presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro nel 2017. Nel 2012 espone presso il Palazzo Ducale di Cosenza nella sua prima personale Confession, a cura di Andrea Romoli Barberini. Nello stesso anno viene selezionato da Romoli Barberini e Wang Lin per partecipare all’esposizione Forma e Sensi, nella città di Xi’ An in Cina. Nel 2013 vince il Premio Nazionale delle Arti conferito dal MIUR come “miglior allievo in Pittura”. Nel 2015 espone per il premio internazionale “Limen Arte” e a Venezia prende parte al workshop di pittura “Il solco dipinto”. Dal 2017 una serie di mostre tra Milano e Roma. Attualmente è docente di pittura presso il liceo artistico Canova di Vicenza. Interessato da sempre alla sperimentazione, al fuoco e alle dinamiche della trascendenza.