VIDEO | Rosita Terranova e Angela Villani lottano per far ottenere ai bambini disabili il giusto riconoscimento dello Stato. La loro testimonianza nel corso di un evento organizzato dal Motorshow 2 Mari
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Nella terra dei diritti negati c’è ne uno che allarma più degli altri: quello ad un’esistenza normale e felice per i bambini affetti da problemi di salute e per le famiglie che li accompagnano verso il loro futuro. Un futuro da minoranze senza diritto a vivere normalmente, a giocare, a respirare.
È stata Rosita Terranova, dal microfono dell’area convegni del Motorshow dei 2 mari, a togliere il fiato a chi l’ascolta quando ha raccontato di un figlio che ha visto spegnersi appena nato. «Oggi è un giorno particolare per nel 2010 il mio bimbo Antonio Maria ha deciso di venire al mondo. Da quel giorno la mia maternità è stata non solo snaturata ma stuprata. Una delle tante violenze che ci viene imposta è quella che ci vede relegate ad alcun ruolo. Come se non avessimo diritto di essere donne: amanti, mogli, sorelle. Ho capito di essere una persona e una donna privilegiata perché sono riuscita ad affrontare il significato della sofferenza (fisicamente a volte emotivamente). Il problema non è la mafia ma la mafiosità l’atteggiamento insito in persone che tante mamme e papà sopportano. Siamo delle belve gridiamo per ottenere i nostri diritti ma non il senso del dovere. Come possiamo parlare di ciò in una terra matrigna che promuove l individualismo. La diversità esiste io l’ho partorita. Le istituzioni ci fanno sentire minoranza, minoranza minorata».
Sul banco degli imputati ci finiscono quelle istituzioni, la Regione in primis, che dovrebbero tutelare chi ha minori possibilità di condurre una vita normale, senza essere ghettizzati, messi all’angolo dall’indifferenza.
Perché quello a un’esistenza dignitosa, a una copertura sanitaria scrupolosa, è un diritto e non un favore che queste mamme coraggiose chiedono allo Stato e alle sue espressioni territoriali per i loro figli.
Come ci ricorda Angela Villani che è rimasta sola contro tutti. Ma, nonostante questo, è in grado di non pensare solo a suo figlio. «Quando una mamma comprende che il suo bimbo vive una realtà diversa è l’inizio di un percorso complicato e, dopo aver affrontato il momento iniziale di dolore ho capito che dovevo fare qualcosa per dire a tutti che i nostri figli hanno voce attraverso noi. Non è giusto che le famiglie che non hanno disponibilità economica non possono fare le terapie comportamentali e migliorare la qualità di vita del proprio figlio». Da qui l’appello ai commissari Asp:«il loro dovere è dare una risposta ai nostri bambini. Io non mi arrendo».