Soffermarsi sul 73° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata dall'assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, è occasione per riflettere (anche e soprattutto amaramente) sul percorso compiuto dai Governi verso il pieno riconoscimento ad ogni persona di questi diritti essenziali ed enunciati all'indomani della Seconda Guerra Mondiale, in un contesto lacerato da orrori e violenze. È anche occasione per ricordare che la Calabria e il borgo di Pentedattilo, nel reggino, sono stati protagonisti della pellicola no profit di forte impegno sociale "All human Rights for all", realizzata nel 2008 per i 60 anni dell'approvazione della stessa Dichiarazione.

Pentedattilo, attraverso lo sguardo del regista Vittorio De Seta, di origini palermitane e che con la Calabria ebbe un legame molto profondo, è stato al centro di uno dei trenta cortometraggi dedicati ai trenta articoli del documento internazionale, prezioso scrigno di intenti, ritenuto una pietra miliare nel diritto internazionale dei Diritti Umani.

Luogo emblematico di tutti i ‘Sud’ del mondo, Pentedattilo è stato scelto per raccontare l'articolo 23 nel corto dedicato appunto al diritto al Lavoro: «Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro».

Un lavoro che fu anche un testamento di speranza e di amore per la Calabria, lasciato da Vittorio De Seta che negli anni Ottanta venne a vivere nella terra natia della madre, Sellia Marina in provincia di Catanzaro, dove morì nel 2011. Alla Calabria dedicò anche un documentario nel 1993.

"Articolo 23", diritto al Lavoro

Il lavoro e la sua trasformazione dentro le epoche e l’impatto di questa trasformazione sull’esistenza delle persone. Il lavoro, le migrazioni e l'incrocio di vite e di destini che traccia, laddove luoghi vengono abbandonati alla ricerca di opportunità migliori per accogliere altre persone che, rispetto al nulla, accettano di ricominciare dove poco rimane. Pentedattilo, oggi spopolatosi, incarna questa dimensione e diventa il luogo in cui chi è nato e cresciuto, ad un tratto va via ma dopo avere accolto e compiuto una sorta di passaggio di consegne nei confronti di chi, venuto da lontano, ha portato con sé solo di speranze e di tanta buona volontà.

Per raccontare il diritto al lavoro, Vittorio De Seta sceglie di mettere in luce l’altro volto della negazione di questo diritto, attraverso i valori, i legami e i sentimenti generati da queste inarrestabili trasformazioni. Sceglie l’immagine poetica di un giovane che insegna ad un coetaneo cittadino di un paese extracomunitario un antico mestiere agricolo, ormai divenuto incerto, prima di andare a cercarne uno più sicuro al Nord, e quella di un giovane che, arrivando da un altro continente in Calabria, abbraccia non solo un nuovo corso della sua vita ma anche quanto lasciato dal suo coetaneo a sua volta emigrato, come la terra da risanare e una famiglia di cui avere cura.

Nel cast Djibril Kébé, Margherita Smedile, Tommaso Critelli, Gladys Egwoh, Ashley Egwoh, Domenico Rodà, Nino Denaro, Franco Zema, Saverio Longo, Carmelo Romeo, Ines Mangiola, Concetta Minniti, Mariangela Zampaglione, Annunziata Fallasca, Angelo Sapone, Mafalda Sapone e Gaetano Ercolano.

Una produzione targata Ram Digital Film, Megafilms e Officine Jonike Arti, il cortometraggio Articolo 23, patrocinato dall'assessorato alla Cultura dell'allora provincia di Reggio Calabria, dalla fondazione Calabria Film Commission, dalla presidenza del Consiglio Regionale della Calabria, dalla Commissione regionale Pari Opportunità e dal comune di Melito Porto Salvo, in cui ricade il borgo di Pentedattilo, racconta così il lavoro e il valore nel quale continua a consistere, nonostante le trasformazioni che innesca e che subisce, anche e soprattutto quando è negato o tradito.

Diritti Umani Universali

Uno scrigno di valori indivisibili, interdipendenti e frutto di un compromesso storico significativo tra il blocco di paesi democratici promotori del riconoscimento dei Diritti Politici e Civili e quello dei paesi socialisti e comunisti promotori dei Diritti Sociali ed Economici.
Nato dalla ceneri e dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale, in un momento in cui la costruzione di una dimensione di Pace era tanto necessaria quanto difficile e in cui la Speranza e lo sguardo al Futuro apparivano tanto vitali quanto audaci, il dibattito sui diritti fondamentale in sede Onu approdò, dopo due anni di lavoro, nel 1948 ad una Dichiarazione di Intenti, non formalmente vincolante nel rispetto della sovranità nazionale degli Stati ma sostanzialmente rappresentativa di un patrimonio di valori essenziali e imprescindibili per ogni forma di Stato e di Governo. Un punto di partenza comune. La Dichiarazione fu, infatti, ispiratrice negli anni successivi di Convenzioni invece vincolanti per gli Stati sottoscrittori e ratificate con leggi nazionali. Resta a distanza di oltre settanta anni la consapevolezza della centralità di questo documento come del percorso ancora lungo per renderne il patrimonio valoriale spendibile nella vita di ogni persona in ogni luogo. Quello slancio di oltre settant'anni fa non può permettersi ancora di esaurire la sua gittata. Siamo ancora lontani dall'essere e agire in modo pienamente consequenziale al principio del primo e fondante articolo della Dichiarazione che recita: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti».

Vittorio De Seta, cinema e impegno civile

Documentarista e sceneggiatore narrò con le immagini la natia Sicilia (Pasqua in Sicilia, 1955), la Sardegna (Un giorno in Barbagia, 1958), la Calabria (I dimenticati, 1959) nei suoi corti di cui uno in particolare dedicato a Stromboli, Isola di Fuoco, premiato al festival di Cannes nel 1955. Il suo primo lungometraggio, risalente al 1961 e sceneggiato con la moglie Vera Gherarducci, si intitola Banditi a Orgosolo; una lezione di neorealismo ambientata in Sardegna che si aggiudicò il premio Opera prima al Festival di Venezia e il Nastro d'Argento alla migliore fotografia. Del 1969 girò Un uomo a metà, mentre tra il 1969 e i primi anni 1970, trasferitosi in Francia, diresse L'invitata, apprezzato da Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini. Indimenticato regista e sceneggiatore, Vittorio De Seta seppe raccontare con finezza e passione la vita e la fatica del lavoro del proletariato meridionale, dando voce ai minatori nisseni, ai pescatori siciliani, ai pastori della Barbagia, ai migranti africani in Italia (lungometraggio Lettere dal Sahara 2006)