In mostra alla Galleria nazionale il Bambin Gesù delle mani: l'affresco non è solo una eccellente espressione artistica del Rinascimento, ma anche la soluzione di un mistero rimasto sepolto per cinquecento anni, ovvero la relazione scabrosa tra papa Borgia e la bellissima Giulia Farnese
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Un mistero di epoca rinascimentale svelato grazie al frammento di un affresco del Pintoricchio, in mostra nella Galleria Nazionale di Cosenza fino al prossimo 11 gennaio 2020 per iniziativa della Fondazione Guglielmo Giordano, presieduta da Andrea Margaritelli, presente alla inaugurazione dell'esposizione insieme alla direttrice del polo museale della Calabria Antonella Cucciniello ed a Giuseppe Noia, presidente della Fondazione Il Cuore in una goccia.
La relazione scabrosa del Papa
L'affresco è il Bambin Gesù delle Mani, datato 1492 ed è una parte della più ampia opera in cui il pittore originario di Perugia, ritrasse il bimbo tra le braccia di una Madonna con le sembianze di Giulia Farnese, bellissima amante di Papa Alessandro VI Rodrigo Borgia, immortalato in posizione genuflessa davanti alla donna. Pintoricchio aveva quindi realizzato una testimonianza iconografica di quella relazione scabrosa nota anche al di fuori delle mura vaticane, di cui però nessuno osava parlare. La vicenda viene raccontata da Giorgio Vasari in una biografia del Pintoricchio del 1568. Realizzato su una parete sovrastante la porta d’ingresso degli appartamenti vaticani del Borgia, si pensava fosse andato distrutto per sempre. Dopo la morte di Alessandro VI, i numerosi Vescovi di Roma che si alternarono nei 150 anni successivi, lo lasciarono al suo posto, rappresentando il dipinto comunque una Madonna, quindi una figura sacra. Si limitarono a coprirlo. La rimozione venne invece disposta da Fabio Chigi, salito al soglio di Pietro nel 1655. Assunse il nome di Alessandro VII, ispirandosi ad Alessandro III al quale lo accomunavano le origini senesi. Egli però, per tagliare ogni legame tra il suo pontificato e quello di Rodrigo Borgia, ordinò la distruzione dell’oscena rappresentazione del Pintoricchio.
La copia su tela realizzata dai Gonzaga
Ma il nipote del Papa, Flavio Chigi, esperto ed appassionato d’arte, chiese allo zio Pontefice di concedergli la grazia di conservare quella preziosa opera, escogitando uno stratagemma per evitare che si potesse in qualche modo ricondurre al dipinto originario del Pintoricchio: tagliò l’intonaco a massello separando il volto della Madonna dal bambino e conservandole in due cornici diverse, le quali furono poi inventariate nella collezione privata della famiglia Chigi a cento numeri di distanza. Nessuno però sapeva che qualche anno prima, i Gonzaga di Mantova, nemici giurati dei Farnese, erano riusciti ad ottenere una copia su tela dell’immagine sacrilega e che, per i Gonzaga, costituiva anche la prova dell’origine delle fortune dei Farnese nel vicino Ducato di Parma e Piacenza. Venuto a conoscenza della presenza di quell’affresco, nel 1612, Francesco IV Gonzaga pagò lautamente l’artista Pietro Facchetti per corrompere il guardarobiere del Papa con un paio di calze di seta, intrufolarsi in agosto negli appartamenti mentre il Santo Padre si trovava a Castel Gandolfo, e realizzare una perfetta riproduzione di quell’opera.
L'incredibile scoperta nel 1940
La verità è venuta a galla soltanto nel 1940 quando i discendenti dei Chigi, Eleonora Chigi ed il figlio Giovanni Incisa della Rocchetta, invitati per un tè in un palazzo nobiliare di Mantova, si imbatterono nella tela dipinta 350 anni prima da Facchetti, riconoscendo in essa la Madonna e il Bambino incorniciati in due differenti quadri appartenenti alla loro collezione privata. L’Italia però era appena entrata in guerra e non vi erano le condizioni per rendere pubblica la scoperta. Negli anni cinquanta la notizia fu riportata in un breve saggio da La Strenna dei Romanisti, passando però pressoché inosservata. Soltanto nel 2004, quando il dipinto murale del bambino del Pintoricchio riapparve nel circuito degli antiquari, questa affascinante storia riemerse. Il capolavoro del Pintoricchio, acquisito dalla Fondazione Giordano, dopo New York, Parigi, Madrid, si può adesso ammirare a Cosenza nella Galleria Nazionale. Una opportunità da non perdere.