INTERVISTE | Nella giornata che celebra il vessillo nazionale, il Museo dei Bretti e degli Enotri espone un vero tesoro dell’identità italiana. Sulla sua origine ci sono un paio di versioni, ma una sola data: il 1844, anno di un cruento scontro insurrezionale nella città dei bruzi e della morte dei fratelli Bandiera (ASCOLTA L'AUDIO)
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A Cosenza è conservato uno dei tricolori più antichi della storia d’Italia. Nel giorno della Festa della bandiera, prevista ogni anno per il 7 gennaio, torna di attualità perché il Museo dei Bretti e degli Enotri ha inteso valorizzarlo esponendolo al pubblico. Anche il sindaco Caruso è stato tra i curiosi visitatori che hanno ascoltato dalla voce della direttrice Marilena Cerzoso la diatriba che dal secolo scorso accompagna la paternità dell’importante drappo.
L’origine contesa della bandiera tricolore conservata a Cosenza
Le versioni, che danno a prescindere la stessa misura di autorevolezza alla bandiera, sono due. La più accreditata, quella per cui propende anche Cerzoso, affonda le radici nella rivolta che incendiò Cosenza il 15 marzo del 1844. A capo dei moti insurrezionali c’erano due giovani patrioti: Nicola Corigliano e Francesco Salfi, omonimo del più noto letterato e a capo in quel momento del comitato cosentino della Giovane Italia. Il periodo storico era dei peggiori: la stretta dei Borboni sulla popolazione era pesante. La ricchezza era ad appannaggio di una parte elitaria, la disoccupazione era alle stelle e il brigantaggio aveva connotati tutt’altro che affascinanti, come invece una storiografia distorta avrebbe voluto poi far credere.
All’alba di quella mattina, i giovani animati da sentimenti democratici si radunarono nella Piazza dell’Intendenza marciando per le strade di Cosenza. Issavano un tricolore, retto per una parte di tragitto pare da un contadino italo-albanese giunto dalle terre dell’hinterland a dare il proprio contributo. Il via all’insurrezione fu introdotto da quattro razzi luminosi che avrebbero dovuto spingere i cosentini ad impugnare le armi. La polizia, tuttavia, avuto sentore di quanto stesse accadendo, respinse l’assalto al Palazzo non mostrando pietà alcuna. I capi della rivolta caddero negli scontri, molti partecipanti furono arrestati nelle retate che seguirono quella giornata a cui è dedicata oggi la piazza del centro storico bruzio.
«Un altro racconto, del quale non abbiamo dati a sufficienza per poter confermare o smentire - aggiunge Cerzoso - attribuisce il drappo esposto oggi Museo dei Bretti e degli Enotri ai fratelli Attilio ed Emilio Bandiera». I due patrioti, raggiunti dall’eco dei tumulti del 15 marzo a Cosenza, volevano dar seguito a quei nobili propositi di indipendenza. Traditi da uno dei loro compagni, spaventato dall’esito dell’insurrezione, furono arrestati dalla gendarmeria e fucilati alle porte della città di Bruzi al vallone di Rovito, dove sorge un’ara in loro memoria.
La visita del sindaco Caruso
«È una delle bandiera tra le più antiche di Italia dopo quella di Reggio Emilia e per noi è importantissimo esporla» spiega ancora la direttrice Cerzoso che ha ricevuto la visita del sindaco fungendo da Cicerone.
«Ho voluto onorare questo vessillo risorgimentale per rendere il giusto omaggio al simbolo più alto della Nazione - ha detto il primo cittadino riferendosi a quei moti risorgimentali -. Visitarlo, soprattutto il 7 gennaio, è stata un’emozione che auguro di provare a tutti i cosentini che in passato hanno dato un contributo enorme all’unità del paese. La storia di Cosenza e quella d’Italia sono racchiuse qui. Non c’è futuro senza memoria».