VIDEO | Parla il vicepresidente della Cec, il vescovo Milito, che enfatizza il coinvolgimento che questa volta è stato assicurato per la stesura del documento
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«La novità principale sta nel metodo scelto, ovvero l’opportunità di considerare il no alle mafie come un percorso sinodale che ha visto giungere a questo documento dopo il coinvolgimento dei sacerdoti e delle comunità». Francesco Milito, vescovo di Oppido Palmi e vice presidente della Conferenza episcopale calabra, torna su questo che è l’ultimo atto della presidenza dell'arcivescovo di Catanzaro-Squillace Vincenzo Bertolone. Un documento che riposiziona il popolo di Dio sulla trincea antindrangheta, intiolato "No ad ogni forma di mafie - Linee guida per un sentire e agire comuni del clero, dei consacrati e dei fedeli delle Diocesi di Calabria", che mons Bertolone ha presentato lo stesso giorno in cui ha deciso di annunciare, in maniera del tutto a sorpresa, le sue dimissioni prontamente accettate dal Vaticano. Quindi, una coincidenza - così l'ha chiamata il vescovo Milito - che a questo punto può diventare un elemento in più per interpretare l'origine di un forfait che in tanti continuano considerare misterioso.
«Linee guida per un sentire e agire comuni – prosegue il presule a proposito del testo di 60 pagine distribuito anche sotto forma di opuscolo – che significa una indicazione, un dovere che ora spetta al clero, ai consacrati e ai fedeli laici rispettare». Una nuova pedagogia, quindi, che rappresenta una tappa in più rispetto ad un contrasto su cui la chiesa calabrese ha fatto molto negli ultimi anni.
«Questo documento – conclude Milito – è la summa di un lavoro che i vescovi calabresi hanno iniziato da tempo, scegliendo adesso di considerare tutte le parti della chiesa come compartecipi proprio perché tutti hanno potuto avanzare e suggerire temi. Il metodo scelto è stato quello sinodale, ovvero chiamando tutti alla collaborazione per la sua stesura».