Dalla Nigeria fino alle Serre vibonesi, per guidare due parrocchie che sono diventate segni dei tempi in Calabria. Sacerdoti per vocazione, missionari della chiesa catanzarese che crede nel multiculturalismo, Stephen Achilihu e Kingsley Nwachukwu sono i sacerdoti di Simbario e Brognaturo. Il primo, lo è da 10 anni; l’altro è arrivato da un mese per affiancarlo visto che la formula voluta da mons. Vincenzo Bertolone è piaciuta ai fedeli.

 

È stata creata quella che in gergo si chiama unità pastorale, ovvero i parroci si divideranno tra i due centri che sono praticamente contigui, accomunati dal problema di uno spopolamento galoppante.

 

«Sono stato accolto come un figlio – racconta don Achilihu – forse perché qui sono abituati all’emigrazione e non hanno problemi di integrazione. Ricordo che le difficoltà iniziali, dovute al fatto che non capivo il dialetto di queste parti, le superavo finanche parlando a gesti: ma si sa che quando il cuore è aperto l’intesa si trova». La novità di questi giorni rallegra i fedeli di Brognaturo, che per anni non ha avuto un parroco fisso.

I due don vivono insieme nella canonica di Simbario, assicurano 2 messe al giorno che diventano 5 la domenica, celebrando senza escludere nessuno dei 5 edifici di culto distribuiti nel perimetro di due centri che assieme non superano i mille abitanti.

Coinvolti i giovani

I sacerdoti africani hanno attivato una pastorale che coinvolge soprattutto i giovani - «vogliamo che non si perdano le tradizioni», dice un ragazzo che i religiosi incontrano in un pub – ricevendo in cambio attestati di stima «perché – sostiene un signore di mezza età – noi non guardiamo al colore della pelle ma alla coscienza».

 

Contaminazioni culturali riuscite, «che – affermano i sacerdoti – ci fanno spingere ancora di più sul bisogno che la chiesta calabrese avverte di promuovere la fede epurata da fenomeni esteriori di inutile religiosità».

 

Ma c’è una sfida in più e la spiega don Achilihu in riferimento all’attivazione da anni sulle montagne di Brognaturo di una struttura che, in un ex albergo, funziona da Centro di accoglienza per migranti. «Per loro è importante sapere – rimarca il parroco – che dopo un lungo viaggio trovano qualcuno che ne capisce la lingua e i bisogni, capace di orrire aiuto per la ricerca di un lavoro ed altre necessità. Non so se in cuor loro vorrebbero restare a vita qui, ma una cosa è certa ovvero che siamo tutti in movimento nella vita in cerca di condizioni che assicurino benessere, integrazione e tranquillità».