La regina Elisabetta II ha attraversato il secolo breve col passo stretto concesso dalle sue amate gonne ai polpacci. Il Castello di Balmoral è stato l’ultimo testimone di un pezzo di storia scritta tra le brughiere, le volpi, i cani corgi, il grigiore umido del cielo inglese, la discreta nuvola di profumo White Rose di Floris che avvolgeva i completi blu, i suoi preferiti. Oggi con la sua morte si chiude il cerchio di una donna che fu regina, l’unica possibile. Forse l’ultima.

Al di là delle velette dal sapore retro, dei pochi vezzi, del rituale di corte, Elisabetta II, scomparsa a 96 anni, era ritenuta quasi un’immortale. Invece, in un settembre caldissimo con una guerra in corso nel seno d’Europa, una recessione mondiale in vista, una crisi energetica senza precedenti sul pelo dell’orizzonte, la sovrana più longeva di tutta la Gran Bretagna non è più, proprio a pochi giorni dalla nomina di un Primo ministro donna con un passato antimonarchico alle spalle.

Ferrea, coriacea, ostinatamente antica (come la piega dei suoi capelli), posata e algida, ha tenuto testa a chiunque senza perderla mai. Fu sua la corona dopo l’abdicazione dello zio, Edoardo VIII, che al trono preferì una moglie con due matrimoni alle spalle. Allora toccò a lei, che indossava nomi di tre generazioni, Elizabeth Alexandra Mary, Lilibet solo per i cari, figlia venticinquenne del Duca di York, accollarsi un Regno che in salute e in malattia doveva restare unito.

Elisabetta II vide accomodarsi sulla poltrona separata da un tavolino da the, quindici primi ministri, affrontò traversate intercontinentali durate mesi per salutare sudditi sparsi in ogni parte del mondo, la sua mano fu sfiorata da presidenti di cui oggi restano sbiadite immagini in bianco e nero. Lei è rimasta, invece, a colori, pilastro di una monarchia che solo grazie al suo carattere d’acciaio non è crollata sotto i colpi del gossip e del cambiamento. Incollò con discrezione le crepe del suo matrimonio con Filippo, sopportando le crisi del principe senza scomporsi, sopravvivendo agli scandali che, in alcuni casi, si macchiarono di sangue.

Ebbe tutti contro a un certo punto: figli, nuore, persino sua sorella Margaret che desiderava l’approvazione per un matrimonio che non si celebrò mai. Carlo, il suo erede diretto e designato (che salirà al trono con il nome di Carlo III), sposando un’infelice Diana Spencer diede uno dei colpi più violenti a una monarchia che da regina aveva curato come un giardino minacciato dai rovi. Il divorzio, la relazione con Camilla, la morte tragica e iconica della principessa triste, furono terremoti di incredibile brutalità che rimbombarono sui tabloid che, in qualche modo, l’accusavano di quella fine. Carlo doveva essere re, ma il suo carattere debole l’ha sempre allontanato da un trono che sua madre teneva ben stretto con la sua longeva caparbietà.

Nella solitudine che impone il comando, la sua vita a Buckingham Palace fu costellata di nascite, lutti e guai giudiziari, ultime le gravissime accuse a carico di suo figlio, il principe Andrea. Con la Tatcher fu odio a prima vista, con Churchill amore fino all’ultimo, con Jacqueline Kennedy invidia tra prime donne. Come Regina di Inghilterra, capo del Commonwealth, capo della Chiesa di Inghilterra ha visto se stessa raccontata nella serie The Crown, che ripercorre con grande meticolosità la sua vita, dalla morte dell’amato padre passando per la tragedia di Aberfan, quando per poco non mostrò il suo lato più fragile davanti alla morte di 116 bambini sepolti dal fango. Dopo aver visto il film “The Queen” volle incontrare l’attrice Helen Mirren che la interpretava, per farle i complimenti. L’ultima bufera di gossip è arrivata dal fianco, dall’amato nipote Harry che dopo le nozze con l’attrice Megan Markle, ha preferito rinunciare ai titoli pur di lasciare la vita di corte. Eppure non ha mai ceduto di un passo, rimanendo lì dove il destino l’aveva messa: sul trono, più in alto di tutti. Elisabetta II, sarà celebrata con le lacrime dei britannici affezionati più a lei che all’idea della corona, la regina che ha attraversato le tempeste ma con i guanti immacolati indosso.