«La Varia di Palmi? Ma è roba da Medioevo!» La battaglia delle arance di Ivrea invece… 
Le polemiche si fanno aspre dopo l’ultima Varia di domenica scorsa, soprattutto sui social. Ma a scatenarle sono proprio coloro che della Varia non sanno nulla. Anche calabresi!

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La Varia di Palmi nasce in seguito ad una gravissima epidemia di peste. Ed è divenuta simbolo di identità comune. La peste colpì soprattutto la città di Messina. E i palmesi furono i primi ad accogliere e aiutare i messinesi. Era il 1575. Poi una storia lunga secoli, fra alti e bassi. Fino ai giorni nostri. E domenica scorsa abbiamo assistito a qualcosa di impressionante. Con numeri da capogiro.

Ne parliamo con un giovane protagonista della Varia, Domenico De Luca, classe 1996, studioso, giornalista e scrittore
«L’edizione 2023 della Varia di Palmi è stata da record. Ufficialmente si sono registrate circa 150.000 presenze per non parlare dei numeri derivanti dalla diretta televisiva di LaC con oltre un milione di telespettatori incollati allo schermo».

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Si tratta di numeri in costante crescita...
«Basti considerare che l’ultima edizione della Varia nel 2019, prima della pandemia da Covid-19, aveva registrato circa 130.000 spettatori. Il pubblico che assiste alla “scasata” della Varia aumenta ogni anno, per la bellezza e la spettacolarità dell’evento. Uno degli aspetti più affascinanti della festa risiede proprio nella presenza di personaggi in carne e ossa sulla macchina. La stessa Animella a 16 metri di altezza, per il pubblico è segno di grande tensione e apprensione. Il trasporto della Varia rappresenta perciò qualcosa di unico e sensazionale. La maggior parte del pubblico si sente toccato nell’animo in un misto di lacrime, emozione e gioia».

Un carro alto 16 metri trascinato di corsa da 250 “mbuttaturi”, tanti figuranti che rappresentano la Madonna, il Padreterno, gli Apostoli e gli angeli. Ma al centro di tutto c’è una bambina, l’Animella, in carne ed ossa, e poi altri bambini come angeli.
«La festa della Varia coinvolge l’intera cittadinanza. Dietro al trasporto dell’ultima domenica di agosto si trova una grande partecipazione di popolo. Per l’allestimento della struttura, che avviene a partire dal 16 agosto con il posizionamento all’inizio del Corso Garibaldi del “cippo” (la base in legno di quercia su cui verrà costruita la struttura in ferro), occorrono circa cinquanta persone fra carpenteria e decorazioni. Il trasporto viene poi assicurato da oltre 200 portatori, gli “mbuttaturi” appunto, che suddivisi nelle cinque antiche corporazioni, sono il vero motore trainante della macchina. Non bisogna poi dimenticare le corde in cui si posizionano centinaia di persone fra mbuttaturi, Sodalizio della Sacra lettera e cittadinanza. Il resto della struttura è costituito da circa 60 figuranti con al centro il Padreterno e l’Animella».

Tutto ruota però, proprio attorno all’Animella, giusto?
«Rappresentando la Vergine è sicuramente il personaggio principale. Ma la Varia è una macchina corale, poiché per circa un mese tutte le attenzioni dei cittadini palmesi si concentrano su di essa. Ognuno, dal più piccolo al più grande, cerca di dare il proprio contributo per la buona riuscita della manifestazione».

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Varia dei record e delle polemiche. Sui social tante espressioni negative, accuse di arretratezza culturale, di oscurantismo, di un popolo in delirio e fuori controllo. Ma perché? Cosa non hanno capito della Varia?
«Sicuramente l’avvento dei social ha aggravato questo fenomeno. In questi giorni ho letto un po' di tutto, da chi riteneva la festa di stampo medievale a chi la definiva una carnevalata o ancora una struttura per fanatici religiosi. Le critiche negative derivano dall’ignoranza del significato della manifestazione, quando vengono dall'esterno e da fuori regione, ma anche da un atteggiamento interno di autocritica e speculazione tipico del calabrese medio».

È pur vero che la maggior parte delle polemiche sorge spesso sulla sicurezza e l’incolumità dei partecipanti
«Ma non viene considerato che l’attuale Varia meccanica, ideata dal Cavaliere Peppino Militano agli inizi del secolo scorso, venne progettata per scongiurare qualsiasi tipo di incidente, a fronte dei diversi che si erano già verificati nelle antiche edizioni della festa e che difatti avevano portato per un lungo periodo anche alla sospensione. Oggi l’attenzione per l’Incolumità dei figuranti è massima e nulla viene lasciato a caso. È chiaro però che nulla è sicuro al 100%».

C’è poi l’aspetto dell’accusa di fanatismo su cui bisognerebbe aprire un capitolo a parte.
«La Varia nasce con una chiara matrice religiosa. Il carro celebra l’assunzione di Maria al cielo ed è una rappresentazione plastica dell’universo per come quest’ultimo veniva visto nel Cinquecento prima della Rivoluzione Copernicana. Nonostante questa sia la base della rappresentazione, quest’aspetto nel corso del tempo ha lasciato più spazio a quello della festa identitaria e di rappresentazione dell’intero territorio coinvolgendo anche i non credenti».

Come cittadini calabresi, dovremmo perciò essere orgogliosi della manifestazione

«Assolutamente sì, al pari di quanto avviene nel resto della penisola con le analoghe feste della Rete delle grandi macchine a spalla. Ritengo perciò che la Varia non sia solo da capire, ma anche da vivere. Le polemiche lasciamole da parte, anche se in fin dei conti sono fisiologiche per qualsiasi tipo di grande evento».

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La Varia non è tanto, e solo, un evento di fede, perché in realtà è tradizione, storia, cultura, appartenenza. E non dimentichiamo che è patrimonio dell’UNESCO, e scusate se è poco

«Il riconoscimento Unesco non è affatto qualcosa di scontato e semplice. Lunghissimo è stato l’iter per l’inserimento della Varia di Palmi, insieme alla Macchina di Santa Rosa di Viterbo, alla Festa dei gigli di Nola e alla Faradda di li candereri di Sassari, come patrimonio culturale dell’umanità. I primi passi vennero avviati nel 2005 su iniziativa della dottoressa Patrizia Nardi. Il riconoscimento è stato ottenuto nel 2013 a Baku, dopo profonde valutazioni delle commissioni, ed ha consacrato le festività di matrice cattolica come eventi identitari del territorio, per via dell’unione e della sinergia delle comunità intorno alle manifestazioni».

Domenico De Luca, appassionato di storia e cultura calabrese, era lì, sotto il grande carro della Varia domenica scorsa. Chissà quante emozioni ha vissuto in quei 10 minuti durante i quali si corre per la strada principale trainando velocemente un carro alto 16 metri

«È un’emozione indescrivibile. Sono iscritto all’Associazione ‘mbuttaturi’ della Varia di Palmi dall’edizione 2016. Quella di quest’anno per me è stata la terza "scasata" con il colore amaranto della corporazione degli Artigiani. Essere uno ‘mbuttaturi della Varia di Palmi è un'esperienza straordinaria che va al di là di un semplice ruolo. Si tratta di un atto di devozione e di un legame profondo con la storia e la tradizione della propria comunità. La spinta degli ‘mbuttaturi avviene in un'unica direzione. Ogni singolo momento in quella poca manciata di muniti è unico e memorabile, dal primo colpo di cannone all’arrivo in Piazza Primo maggio. Tutto ciò fa sentire qualsiasi portatore parte di qualcosa di più grande di sé stessi, parte di una tradizione che ha attraversato i secoli».

Ma è un limite di noi calabresi quello di non difendere le tradizioni, anzi di essere noi i primi detrattori. È successo anche per la Varia. 
Poi però per la battaglia delle arance, una vera e propria battaglia per strada a suon di arance che i cittadini si tirano addosso, e si fanno pure male, siccome avviene ad Ivrea non c’è nulla da discutere!

«Esattamente! Come già accennato, spesso siamo i primi critici di noi stessi. Un fenomeno che paradossalmente non avviene nel resto del Paese. Credo che faccia proprio parte del DNA di noi meridionali ed in particolare di noi calabresi. La Varia, così come il resto delle bellezze e delle tradizioni della nostra regione, dovrebbe renderci fieri di essere calabresi. Bisognerebbe costruire intorno alle peculiarità del territorio, incentivare la cultura e il turismo. Invece, avviene quasi sempre il contrario, ma siamo ancora in tempo per cambiare passo».