Al via oggi le "recuperate" celebrazioni dello scrittore. Alle ore 18 la commemorazione presso la sala consiliare del Comune e a seguire, alle ore 19:10, la camminata "stratiana" fino alla casa natia
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Su una copertina a terra, oppure sulle sue ginocchia, a bramare di riuscire a soli due anni a decifrare quei segni grafici, le parole, che suo zio Saverio conosceva e sapientemente intrecciava per scrivere racconti e romanzi.
Nel tempo dell’infanzia trascorsa a casa del nonno Paolo – purtroppo la nonna Agata già non c’era più – a Sant’Agata del Bianco nel Reggino, la piccolissima Palma stringeva tra le dita per la prima volta il sogno di immergersi nei libri, nella lettura e nella scrittura. Lo stringeva tra le dita come faceva con quella matita che lo stesso zio Saverio, che spesso tornava in Calabria da Firenze, le consegnava quando con lui trascorreva quel tempo dorato nel suo studio. Lui allo scrittoio a leggere e a scrivere.
Oggi Palma è una scrittrice e un’insegnante di Lettere in pensione. Lo zio di cui conserva un ricordo intenso e sempre molto tenero, perché a lui deve la sua passione per la lettura e la letteratura, era il Saverio Strati, scrittore a lungo dimenticato e che solo negli ultimi anni di sta riscoprendo in tutta la sua grandezza e attualità. Questo 2024 è scandito da due importanti anniversari: oggi, 9 aprile, il decennale della morte (2014-2024) e il prossimo 16 agosto, il centenario della sua nascita (1924-2024).
Saverio Strati si è spento nel 2014 a Scandicci, a Firenze, dove fin dai tempi di quella tesi mai discussa, perché il fuoco della scrittura lo aveva già rapito, da giovane si era recato e dove poi era rimasto a vivere. Si è spento dopo tanti anni difficili, anche segnati dalla malattia e da gravi ristrettezze economiche.
La vita anche familiare di Saverio Strati è stata raccontata, nel volume “Prima di tutto un uomo” (rieditato da Rubbettino nel 2023), proprio dalla nipote Palma Comandè, figlia di una delle sorelle di Saverio, Maria. Quella bambina che aveva fatto innamorare della letteratura, ha poi raccontato la sua storia in un libro.
L'avvio delle celebrazioni del centenario
Palma Comandè è stata nominata componente del comitato scientifico e di quello organizzativo del centenario della nascita di Saverio Strati, istituiti lo scorso anno dalla Regione Calabria in vista del centenario della nascita, nell'ultima settimana al centro di un caso politico che ha reso necessario lo scorso lunedì l'incontro tra il sindaco di Sant'Agata del Bianco, Domenico Stranieri, e il presidente della Regione Roberto Occhiuto, per il "recupero" delle celebrazioni. Oggi, nel giorno del centenario della nascita, la prima iniziativa a Sant'Agata del Bianco, nella Locride, alla quale sarà naturalmente presente anche lei.
Alle ore 18 la commemorazione presso la sala consiliare del Comune e a seguire, alle ore 19:10, la camminata "stratiana" fino alla casa natia dello scrittore.
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Schivo e prolifico
Riservato e schivo, Saverio Strati scrisse e pubblicò molto prima del declino. Nel 1957 il primo romanzo “La Teda”, seguito da “Tibi e Tascia” nel 1959. Al seguito della moglie Hildegard Fleig, si recò in Svizzera dove scrisse gli altri due romanzi “Mani Vuote” e “Il Nodo” pubblicati rispettivamente nel 1960 e nel 1966. Sempre qui venne concepito e prese forma “Noi Lazzaroni” pubblicato nel 1972 a seguire tanti altri. Poi il ritorno in Toscana dove visse e morì
Fu Strati a parlare per primo di ‘ndrangheta in un’opera letteraria, nella sua raccolta di racconti intitolata “La Marchesina”, nel 1956, e nel romanzo più noto, “Il selvaggio di Santa Venere”, che gli valse il premio Campiello – nel 1977. Il primo calabrese a vincerlo.
Fu uno scrittore molto prolifico, tradotto in tante lingue. Poi un rifiuto fu fatale. Quel romanzo che Mondadori all’epoca rifiutò e non volle pubblicare, “Tutta una vita”, rimasto chiuso in un cassetto per oltre 30 anni, è stato donato alla Rubbettino dalla stessa nipote Palma. Nel 2021 ha visto la luce.
Il rifiuto e il declino
«Il declino iniziò negli anni Novanta con la fine del contratto con la Mondadori, ormai orientato verso una linea editoriale molto più commerciale, distante da quella originaria. Quel declino fu psicologico e fisico. Fu lento, doloroso e spietato. Pativa – racconta ancora la nipote Palma Comandè – quel rifiuto che lo segnava nel profondo. Affrontò, tuttavia, con dignità le sue difficoltà. Non venne mai a lamentarsi con noi familiari. Con il tempo arrivò qualche sussidio. Prima la legge Strati della Regione Calabria. Poi la legge Bacchelli, che prevedeva l’erogazione di un vitalizio straordinario per quei cittadini che si fossero distinti in un ambito del sapere o del fare, dunque delle eccellenze, e che versassero in condizioni di difficoltà economiche, della quale divenne, dopo una mobilitazione della società civile della Calabria, beneficiario. Un beneficio economico che, però, non lo poté guarire nell’anima».
Pioniere del Realismo umanistico
«Oggi sulla sua opera si sta finalmente facendo luce. Ciò è assolutamente positivo, oltre che doveroso. Avrebbe meritato di vivere questo momento, di essere qui a goderne. Un’attenzione in crescita che rende, seppure postumo, un giusto riconoscimento alla sua grande opera letteraria. Lui ha rivoluzionato la narrazione della nostra Calabria e della nostra società, offrendo ancora oggi le chiavi di lettura delle profonde trasformazioni che abbiamo attraversato. Prima di lui, Corrado Alvaro, Luigi Capuana, Rocco Scotellaro, avevano narrato il realismo sociale degli ultimi, simbolo delle ingiustizie, delle iniquità e delle diseguaglianze sociali che subivano.
La riscoperta dell’opera di Saverio Strati
«L’opera meritoria oggi condotta dalla casa editrice Rubbettino, che sta pubblicando tutta la sua opera omnia, e della Regione Calabria che ha inteso celebrare il centesimo anno dalla nascita finanziando una serie di iniziative, non ripaga di quanto in vita sia stato negato a mio zio. Resta l’unica opera, però, da compiere per ristabilire il giusto valore del suo contributo inestimabile alla letteratura e alla società.
Il suo sguardo posato sugli umili – spiega ancora la nipote Palma Comandè – era autentico perché lui era stato un uomo di fatica. Sapeva di cosa scriveva. Dopo la quinta elementare aveva fatto il muratore fino a 18 anni. Mia nonna Agata, che purtroppo non ho conosciuto direttamente, incoraggiò mio zio Saverio a inseguire la sua vocazione di letterato e di scrittore. Lui aveva dentro un fuoco del desiderio di conoscenza che mai si era sopito».
«Era uno scrittore e null’altro avrebbe voluto essere»
«Non aveva finito la scuola ma leggeva molto ed era appassionata di letteratura, la nonna Agata. Era lei a leggere a Balzac, Flaubert, Maupassant, Cechov, Tolstòj e a passarli al figlio Saverio che così si nutriva dei grandi scrittori di tutti i tempi. Mio zio, sempre molto volitivo e determinato, recuperò così gli anni della scuola media e superiore da esterno. Si diplomò e dopo avere dato tutti gli esami alla facoltà di Lettere di Messina, non si laureò. Apprezzato dal critico letterario Giacomo Debenedetti, suo docente universitario a Messina, già iniziava a pubblicare con Mondadori. Non rimpianse mai non di non essersi laureato. Era uno scrittore e null’altro avrebbe voluto essere», conclude la nipote Palma Comandè.