Con la visita in Calabria del presidente dell'Albania Bajram Begaj, rivive il principio della "bashkëjetesë paqësore" (convivenza pacifica) tra i popoli. Valori incarnati dal vicequestore di Rota Greca che salvò dalla deportazione centinaia di ebrei
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Mentre la guerra tra Israele e Palestina insanguina le pagine dei giornali, il mondo arbëresh celebra la visita del presidente dell'Albania Bajram Begaj e della "bashkëjetesë paqësore" (convivenza pacifica) tra i popoli. È il grande messaggio che viene direttamente dalla Calabria, un luogo che ha dato i natali a tanti "heroi" (eroi) della convivenza.
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Corre, in queste difficili circostanze, ricordare la figura di Angelo De Fiore, il vicequestore proveniente da Rota Greca, che l'8 luglio 1969 fu proclamato “Giusto tra le Nazioni”. Il suo nome campeggia nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme, perché riuscì a salvare dalla deportazione centinaia di ebrei tra il 1943 e il 1944, sottraendoli così al loro destino. Era un dirigente dell'Ufficio Stranieri della questura di Roma, si era sotto l'occupazione tedesca e quell'elenco di nomi che gli fu chiesto dalla Gestapo dopo l'attentato di via Rasella avrebbe significato una morte sicura per molti. La notte prima si ingegnò e con un collaboratore mise a soqquadro gli artifici così da tenere impossibili le ricerche. Se fosse stato scoperto, sarebbe stata la sua fine. La sua attività di ostracismo a nazismo e fascismo continuò a lungo. Avviarono inchieste su di lui, ma non riuscirono mai ad impedire la sua azione di giustizia. Il suo impegno nell'affiancare attività clandestine era simbolo della pace che aveva imparato dalla sua terra: veniva da "Rrota" (Rota Greca) un paese dell'Arbëria.
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Ventidue chilometri più in là di Rrota esisteva il campo di concentramento di Tarsia, un campo di cui la Calabria intera può andare fiera. A Tarsia anziché paura e morte si coltivava la solidarietà: non ci furono né deportati né giustiziati. Convivevano pacificamente ebrei, albanesi, greci, slavi, cinesi e diverse altre nazionalità nella maniera in cui la Calabria era solita fare da secoli. Ogni religione nel campo era autorizzata, ognuno poteva professare pacificamente la sua. Lo storico ebreo Jonathan Steinberg definì Tarsia il più grande "kibbutz" (associazione volontaria) del continente europeo. La diversità culturale, linguistica e religiosa a Tarsia non veniva sentita come un ostacolo perché la pacifica convivenza con le minoranze linguistiche e la massiccia presenza degli arbëreshë nella zona aveva forgiato una cultura dell'accoglienza che non poteva essere cancellata.
Le meravigliose chiese di rito bizantino dell'Arbëria ed il suono misto delle lingue avevano già operato il miracolo. Angelo De Fiore era figlio di quella cultura. Il suo eroismo era dettato da una giustizia interiore che proveniva dalla storia della sua terra. Continuò la sua professione e fu questore di Forlì, Pisa e La Spezia, dove targhe commemorative lo celebrano come “eroe” e come “uomo integro e retto”.