In scena al Grandinetti di Lamezia Terme la pièce tra le più riuscite e rappresentate della produzione goldoniana. Affidato ad Amanda Sandrelli il personaggio di Mirandolina
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Ama Calabria, venerdì 22 novembre, inaugura la stagione teatrale 2019/2020 con la commedia “La locandiera” di Carlo Goldoni in scena al teatro comunale Grandinetti di Lamezia Terme.
Una pièce interpretata da Amanda Sandrelli e prodotta da Arca azzurra e Teatro stabile di Verona. L’adattamento e la drammaturgia sono di Niccolini mentre le scene sono affidate a Antonio Panzuto. Alla regia Paolo Valerio.
Lo spettacolo vede impegnati, oltre alla Sandrelli (Mirandolina), gli attori Alex Cendron (cavaliere di Ripafratta), Giuliana Colzi (Deianira), Andrea Costagli (marchese di Forlipopoli), Dimitri Frosali (conte d’Albafiorita), Massimo Salvianti (Fabrizio) e Lucia Socci (Ortensia).
La locandiera
La Locandiera non è soltanto una pièce tra le più riuscite e rappresentate della produzione goldoniana, ma è considerata un autentico capolavoro del teatro di tutti i tempi. La scena si svolge a Firenze in un grande affresco di toscanità. Mirandolina è una donna feroce, abituata a comandare, “toscanamente” autoritaria e incline al tornaconto: lotta per portare avanti la locanda dopo la morte del padre e, in contemporanea, contro un marchese squattrinato, un ricco volgare, il misogino cavaliere di Ripafratta, e un cameriere tuttofare che non vuole staccarsi dalla sua padrona, possibile sposa. Lotta per affermare la forza e la dignità in un mondo in cui le donne sono solo oggetto di piacere o di disprezzo. Il desiderio intimo di Mirandolina è piacere, anche perché, piacendo, la cassa si rimpingua: la sua civetteria è calcolo. «Nel feroce mondo nuovo che Carlo Goldoni sa dipingere – sottolinea il drammaturgo Niccolini -, la locandiera chiude tutte le porte e resta l’indiscussa padrona della sua vita. Al sicuro, certo, ma spogliata di quel turbamento amoroso che, inatteso, è arrivato a stravolgere la vita e i piani. Rinuncia, Mirandolina. Si sposa cinicamente, con il commento più feroce che mai abbia accompagnato una brulla cerimonia: “Anche questa è fatta”, e tutti vissero infelici e scontenti».