Nel 1983 il padre della pop art ne propose la costruzione al magnate Carlo Bilotti, ma la sua morte bloccò il progetto che oggi è esposto al museo di Pittsburgh
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Avrebbe portato il suo nome, quello di Carlo Bilotti, la cappella laica che doveva sorgere sulle colline cosentine di Carolei. Era il 1983 e il padre della pop art, Andy Warhol, propose al magnate di pensare quel progetto non per la Florida, ma per Cosenza «tra quelle colline isolate e scoscese che caratterizzano l’orografia della città» si legge ancora nella descrizione a corredo di quel progetto rimasto solo un desiderio.
Quel luogo, nelle intenzioni del collezionista cosentino, amico intimo di artisti come Giorgio De Chirico, Salvador Dalí, Roy Lichtenstein, Julian Schnabel, sarebbe diventato un luogo di raccoglimento, bellezza, di tumulto artistico, di avvicinamento al divino senza, però, alcun tratto religioso distintivo. Per l’interno Bilotti pensava a spazi in cui avrebbero trovato posto serie di opere di Warhol concepite ad hoc per la cappella cosentina, che sarebbe diventata, nei sogni del magnate, un polo d’attrazione unico.
Warhol si affidò all’architetto newyorkese Lawrence Harman per la fase progettuale, che prese a sua volta come riferimento Louis Kahn, altro architetto straordinario da sempre innamorato delle fogge monumentali d’ispirazione classica.
Furono previste quattro cappelle laterali che riproponevano in pianta il disegno di uno dei “Flower” di Warhol. Alle pareti sarebbero andate delle grandi tele riferite a dettagli floreali di manoscritti medievali.
La cosa era a buon punto, con il disegno già pronto e dettagli sul tavolo, quando Warhol morì nel 1987. La cappella non si fece mai, non un solo mattone venne posato e il sogno di Carolei finì ancor prima d’essere cominciato. A Pittsburgh, oggi, è esposto il famoso progetto che non fu mai realizzato, un pezzo di una Calabria che non è stata, e chissà se sarà mai.