VIDEO | L’insegnamento della lingua locale prosegue di pari passo all’insegnamento della lingua italiana. L'insegnate: «L’approccio con i bambini non risulta difficile, bensì molto spontaneo»
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Si trova a Carfizzi la scuola più piccola della Calabria e d’Italia. L’insegnante Mariannina Leonetti dal 2005, lavora con passione nella direzione della salvaguardia della lingua arbëreshe. Con le colleghe hanno dato vita ad attività laboratoriali e sperimentali, volte al recupero di parole, tradizioni, riti e costumi. L’insegnamento della lingua arbëreshe prosegue di pari passo all’ insegnamento della lingua italiana.
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«L’obbiettivo principale, è trasferire l’identità culturale e linguistica come valori e rafforzarli, non abbandonando alla sola oralità, ciò che nel tempo potrebbe via via essere dimenticato!», afferma la maestra Leonetti. Certamente la legislazione ha permesso il grande passo in avanti: risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 47/135 del 1992; legge 482 del 15/1999, la legge regionale 15/2003. Grazie a tali iniziative la lingua minoritaria è perciò di diritto curriculare e nel piano di studi in questo paese è previsto l’insegnamento di due ore settimanali. La passione e l’amore per le proprie origini, in questa piccola realtà di Carfizzi, superano di gran lunga ogni limite anche legislativo. Che sia un progetto, una ricerca, una poesia, la scuola come istituzione, comunità, luogo di socializzazione e formazione, cerca di superare ogni ostacolo.
«Imparare la lingua arbëreshe è come imparare una qualsiasi lingua straniera e l’approccio con i bambini non risulta difficile, bensì molto spontaneo. Crescono con una maggiore elasticità mentale, curiosità e predisposizione ad imparare altre lingue», aggiunge l’insegnante. Entrando nell’aula accogliente, ciò che risalta all’ occhio è l’alfabeto arbëresh, presente sulle pareti insieme a quello italiano. Non mancano le filastrocche scritte sulla lavagna, gli indovinelli, le brevi poesie che permettono di imparare giocando. I bambini sorridenti intonano un canto imparato a scuola e scritto dalle loro insegnanti per contrastare lo spopolamento. Abitualmente allenano la loro manualità dedicandosi alla realizzazione di lavoretti, che omaggiano la tradizione: “mars”, i braccialetti magici del mese di marzo realizzati con i fili di lana, per proteggere i bambini dai dispetti delle fate; segnalibri raffiguranti l’abito tipico, o le fasce con cui venivano avvolti i bambini appena nati. Infine non mancano i dolci tipici, “bukë e valë” ovvero pane e olio e tanto tanto amore.